Recensione di Antonella Mancini
Pensieri sparsi su Nuovomondo.
Invece che sui film delle attuali rassegne del Circolo, mi va di fare alcune considerazioni a caldo sull’appena visto Nuovomondo di Crialese. Anticipo subito: deludente. Tuttavia non come conseguenza della "grande attesa". Anzi, a Venezia questo film non se l’è filato nessuno sino a quando non è stato proiettato la prima delle tre volte canoniche. Da quel momento in poi è diventato, non si capisce come e perché, “il” film del Festival. Ed è così che la coda agli ingressi, anche per noi accreditati, è cresciuta e cresciuta cresciuta, e in molti non siamo quindi riusciti a vederlo. A Venezia. Al Mignon di Chiavari si. Molto pubblico anche qui, nonostante giorno ed ora infelici.
Cos’è Nuovomondo? E’ un documentario ricostruito ai giorni d’oggi di quelli che si ritengono essere stati i giorni di allora, quelli della massiccia migrazione dei nostri più sfigati connazionali verso le promesse di un futuro migliore: il Nuovo Mondo appunto. E sin qui va bene. Va pure bene che non ci sia una storia, una “trama” in senso tradizionale, e che tuttavia si inventi la figura di un’improbabile signorina inglese – peraltro superbamente interpretata dalla Gainsbourug – in fuga dall’Italia, la quale per entrare negli USA si farà sposare dall’analfabeta capofamiglia (il protagonista che funge da filo conduttore della non-storia).
Cosa va bene ancora? Alcune sequenze, come quella che apre il film, o quella dei tre uomini stagliati contro la loro terra brulla mentre tornano vestiti a nuovo, da viaggio, venduti gli “armali” in cambio degli abiti; o lo scorcio della mensa di Ellis Island e altre ancora: attimi felici della cinepresa e del regista. Cosa non funziona? La lunghezza del film, l’inutilità di buona parte di quella centrale, dove si torna e ritorna sui corpi assiepati nelle stive (che poi si vedono malissimo ed evocano inutilmente i bui quadri manieristi) e dopo un po’ non se ne può più. E poi gli inserti onirici, così come sono proposti, anche se può essere “carino” e divertente (?) veder nuotare in una specie di broda bianca (latte, secondo le intenzioni del regista) i protagonisti vestiti di tutto punto. E, infine, soprattutto, non va bene la discontinuità che attraversa il film dall’inizio alla fine.
Cosa resta di Nuovomondo? Memorabili per realismo le pratiche di ingresso nella terra promessa, ma il regista avrebbe potuto dirci di più anche su quelle in “uscita”, indulgendo meno all’inizio su volti e su pseudo-psicologismi per fare davvero un “documentario” a posteriori, in tutto e per tutto. Così come è, invece, il film finisce con l’apparire povero e sfilacciato: né carne né pesce: a cavallo tra neo-realismo e documento di vite umane allo sbaraglio, Nuovomondo vacilla e convince poco.
Ma forse, il motivo di fondo dei suoi limiti va cercato ancora altrove, e quelli più sopra rimarcati non ne sono che una conseguenza. Forse Crialese – forse – voleva darci l’affresco di un momento drammaticamente tragico della storia italiana. E, per generalizzazione, rappresentare il dramma di tutti i migranti di non importa dove. Ed è qui, con rammarico, che il film fallisce veramente. Nuovomondo non ha questo desiderato respiro universale. In Nuovomondo la tragedia corale di un popolo costretto ad emigrare si perde nella piccola storia individuale di alcuni personaggi senza tempo, fuori da un contesto sociale e politico che ne giustificherebbe la vicenda. Vicenda che non ha la forza di diventare simbolo, di farsi emblema. Ben diversamente Il Gattopardo – che cito esclusivamente perché rivisto da poco e non certo per un confronto che non avrebbe senso proporre, data la diversa statura degli autori. Ne Il Gattopardo, anch’esso situato nella lontana Sicilia, attraverso il racconto degli intrighi e degli amori, fra feste e balli di una classe aristocratica in declino, Visconti è riuscito a trasmettere il senso del dramma di un’epoca e di un popolo. Il nostro. Dramma di allora come di oggi.
I giovani registi italiani imparino a misurare le loro ambizioni con le proprie capacità; e incomincino ad andare a scuola.
Il film è stato presentato al Mostra del Cinema di Venezia 2006.