FESTA DEL CINEMA DI ROMA 2007
ROMA 2007: ” Hafez ” di Abolfazl Jalili (2007)
Recensione di Daniele Clementi
In questi ultimi anni il Giappone ha cominciato a subire il fascino del medio oriente. I produttori giapponesi hanno iniziato a co-nfinanziare i film iraniani e qualche piccolo prodotto afgano e molto recentemente si è sviluppato un vero e proprio culto per il cinema iraniano, così lontano esteticamente da loro ma così contemporaneamente vicino per simbologie e ritualità nella composizione dell’immagine, come se in un certo senso il Giappone guardando il cinema iraniano ritrovasse qualcosa di ancestrale e primitivo perso tra le pieghe della loro rigorosa e antica cultura. Stupisce e nello stesso tempo esalta la coraggiosa scelta di Kumiko Aso ,star del cinema commerciale giapponese, di imparare il persiano per recitare la parte di una donna araba. Il pubblico che ama il cinema orientale ricorderà questa giovane star del sol levante per avere recitato in film artistici come : “Dr Akagi” (1998) oppure “11’09”01″ (2002) oppure film di ampio respiro commerciale come “Ring 0 – Ringu 0” (2000) e “Kairo – Pulse” (2001). La scelta di Kumiko Aso di recitare in un film profondamente minimalista come questo è curiosa ed originalissima e rappresenta una trasformazione culturale molto interessante sul panorama del cinema orientale. Scritto questo non possiamo esimerci dal segnalare la magnetica presenza del giovane e tormentato Mehdi Moradi che regala al pubblico una performance di grande livello. Infine colpisce il talento del regista Abolfazl Jalili che scrive, dirige, fotografa, monta e musica il suo film dimostrando una notevole capacità di utilizzo e proprietà del linguaggio cinematografico. La trama si perde nello spazio e nel tempo del film che è più poesia che linguaggio lineare, ogni trama che ho letto su giornali o libri dedicata a questo film si è rivelata sbagliata o frammentaria, questo perchè è difficile leggere una pellicola così densa di simbologie persiane, così complessa nella sua raffigurazione della cultura araba, una storia coraggiosamente religiosa che mette in paragone le regole del derviscio con quelle del fondamentalismo che enfatizza le differenze dogmatiche separate da un deserto fisico e spirituale. Un film che perde la sua fascinazione se riassunto in una struttura occidentale e grezza come quella di una sinossi. Meglio lasciarsi andare ad un sogno enigmatico che i più profondi conoscitori di cultura araba o di religione potranno capire e che resterà enigmatico come il sorriso di un Buddha alla media degli spettatori occidentali.
Montaggio: Abolfazl Jalili
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