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Cineforum : THE KINGDOM – IL REGNO (1)

Martedì 15 maggio
21.30 Teatro Charitas di Chiavari, via Marana 8
FRAMMENTI : Schegge di Cinema – seconda edizione –

IN ESCLUSIVA LA VERSIONE INTEGRALE DEL CAPOLAVORO :

THE KINGDOM – IL REGNO
Diretto da Lars Von Trier e Morten Arnfred
Danimarca 1994

PRIMA PARTE

Il suolo sotto l’ospedale del Regno, anticamente era una palude, i tintori viimmergevano i loro grandi teli, che poi stendevano per la sbiancatura. L’umidità avvolgeva tutto in una nebbia eterna. Poi venne costruito
l’ospedale del Regno, i tintori lasciarono il posto a medici e ricercatori, ageni della scienza e della tecnologia, che per coronare il loro lavoro, chiamarono questo luogo il Regno. Avrebbero spiegato la vita, l’ignoranza non avrebbe più scosso i bastioni della scienza. Forse la loro crescente arroganza li portò a negare la spiritualità e adesso è come se il freddo e l’umidità fossero tornati. Nessun essere vivente ancora lo sa, ma la porta del Regno sta riaprendosi.

Ricordiamo (per chi non è ancora socio) che la tessera non può essere attivata la sera di proiezione con il biglietto d’ingresso. Si prega pertanto di tesserarsi presso :

Videoteca Wonder Video Le Cinema, Viale Kasman 3 (Chiavari).

Zucchero Amaro, Via Entella 205 (Chiavari).

star trek 2.0 : to explore new worlds

star trek 2.0 : to explore new worlds

A cura di Marina Pianu

gli anni ’60 sono stati una fucina di temi cruciali, ancor oggi non del tutto  risolti, e che hanno anche portato ad un fibrillare di creativita’ e di idee  innovative non ancora superate: tolleranza razziale, diritti civili, pari opportunita’, guerra e pace, inquinamento, giu’ giu’ fino a mettere in questione il sistema stesso in cui siamo, lavoriamo e da cui traiamo benessere e malessere. star trek riflette tutto cio’ con uno zelo e una assiduita’ che destano forse meraviglia, ma che stanno al cuore stesso del suo fascino per generazioni di telespettatori di tutto il mondo (trekkies).

“to explore new worlds”

per l’argonauta del xxiii secolo, come per il pioniere del far west (o per il viandante on the road), incontrare civilita’ diverse, formule diverse di vivere comune equivale ad aprire i propri orizzonti, nel massimo rispetto per la differenza, e nel rasentare l’autocritica verso il proprio stile di vita. talvolta in “star trek”, come in buona parte della produzione cinematografica e televisiva, il confronto si riduce ad una consolatoria riaffermazione del proprio, sia pur imperfetto, sistema sociale (si’, non abbiamo l’immortalita’ pero’ ci divertiamo un mucchio; oppure: si’, qui l’ordine sociale e’ garantito, ma la libera espressione individuale e’ repressa; o ancora: no, non siamo intelligenze superiori ma anche i sensi e le emozioni hanno un
valore).

ho detto argonauta ma, applicato all’equipaggio dell’enterprise, cio’ non e’ corretto. gli argonauti avevano una missione precisa, completata la quale se ne tornavano a casina; i nostri eroi non hanno una missione unica con uno scopo finale: essi deambulano negli spazi infiniti (fin laddove nessuno ha
mai osato andare) per esplorare, per incontrare, per raddrizzare torti, per imparare anche, per segnalare problemi, e talvolta anche per compiere missioni via via ridefinite (portare la pace, portare la guerra, difendere i deboli, schiacciare gli usurpatori, ottenere concessioni di miniere, e soprattutto restituire il libero arbitrio a popolazioni mantenute nella beata ignoranza da dittatori cibernetici).

“i’ve given you back the horrors of war”

“star trek” e’ lo specchio del suo tempo, e se a volte risulta profetico e’ solo perche’ i problemi emersi in quel decennio non sono ancora stati risolti. all’epoca fiammeggiava la guerra in vietnam, e questo trapela piu’ volte negli episodi, e con maggior forza nella seconda parte della sua vita, quando prende sempre piu’ corpo l’importanza della “prime directive”. se nel corso della prima stagione il principio di non ingerenza (culturale, tecnologica, e soprattutto politica), pian piano il concetto si mostra sempre
piu’ problematico, quando cioe’ la sola presenza dell’equipaggio in altre culture diventa essa stessa ragione di interferenza.

l’arma piu’ potente della squadra di “star trek” non e’ il phaser bensi’ l’ironia; con l’uso (magari improprio) dell’ironia viene imposta la pace in “a taste of armageddon”: poiche’ la guerra rarefatta ha raggiunto il punto di equilibrio che le consente di proseguire nei secoli, e’ ironico che debba proprio essere l’orrore restituito a rendere possibile la pace. puo’ ancora accadere che per disfare il danno causato precedentemente da una ingerenza (a volte involontaria, come “a piece of the action”, a volte colpevole, come “omega glory”) lo staff dell’enterprise debba ricorrere ad una ancor piu’ pesante ingerenza, rassegnandosi ad aver comunque combinato un pasticcio.
chiara allusione, qui, alle diverse ingerenze degli stati uniti nelle diverse realta’ del mondo (e valido ancora oggi!).

(c) Paramount

“it’s… uh… it’s green.”

il popolo dell’enterprise e’, almeno nelle intenzioni, un popolo eterogeneo di razze e culture che oggi, come negli anni ’60, erano ancora in conflitto.
troviamo in pacifica convivenza e collaborazione bianchi e neri, giapponesi e russi, donne e uomini. anche se per noi oggi sembra che l’equilibrio sia leggermente sfasato in favore del maschio bianco protestante (ignoriamo per un momento che shatner e’ in realta’ di origini ebraiche), tuttavia nel bridge troviamo ai posti di comando, oltre al bianco kirk e al vulcaniano spock, una donna nera, un russo e un giapponese. le loro origini etniche non sono tuttavia dimenticate (in un esempio, quando ognuno udira’ un messaggio
nella propria lingua madre atavica, per uhura sara’ lo swahili), fino a ridere degli stereotipi (il tormentone di chekov “i know, it was invented in russia” o la capacita’ di scott di reggere il whisky quando deve mettere a terra un alieno poco avvezzo alle sensazioni corporee).

la questione dell’intolleranza razziale riemerge piu’ e piu’ volte, in diverse salse, ma sempre visto da fuori (che rende l’argomento piu’ digeribile).
rimosse le motivazioni personali, rimosse quelle culturali, resta l’infondatezza dell’odio razziale e spogliata di ogni velo semantico si denuda la vera motivazione di potere e di autoreferenzialita’. e’ soprattutto nel “let that be your last battlefield” dove si scopre l’aspetto tragicamente ridicolo del razzismo: che differenza potra’ mai esserci tra un uomo mezzo nero e mezzo bianco e uno che e’ mezzo bianco e mezzo nero? anche lazarus rivela la stessa aspirazione all’affermazione contro il proprio simile, in
questo caso gemello e opposto, dove la mostruosita’ dell’altro non e’ che questione di prospettiva e di linguaggio. non sempre l’episodio offre una soluzione al conflitto, anzi, proprio in questo caso la soluzione resta amaramente aperta: i due nemici sono condannati a vivere insieme in un mondo morto.

(c) Paramount

non e’ del tutto occasionale la tendenza a lasciare un finale aperto, e in questo, come in altri aspetti, “star trek” si rivela rivoluzionario per i suoi tempi (senza perdere mordente neppure per i nostri). se da una parte la societa’ ideale deve cedere il posto in vivibilita’ alla ancora imperfetta organizzazione sociale della federazione. del resto, a ben pensarci, e’ strano che sull’enterprise, che rappresenta tutta la federazione (composta da diversi pianeti e sistemi), vi sia un solo non umano, che pure lo e’ per meta’. questo porta spesso e volentieri a confronti non tanto tra un tipo di societa’ e un’altra ma tra un modo di essere (umano) e mille altri (umanoidi, alieni, addirittura minerali…). se la logicita’ pratica dei vulcaniani non
offre una societa’ scevra di problemi (pensiamo agli intrighi sentimentali di t’prin), le societa’ disegnate a tavolino e controllate da un computer (si tratti della follia contenuta di landru o dell’edenica civilta’ primitiva di gamma trianguli vi) porta a una societa’ ferma, priva di stimoli per la crescita. e, di nuovo, compito improvvisato di kirk e soci sara’ quello di infrangere l’equilibrio eterno per ridare impulso e vita.

“war isn’t a good life, but it’s life.”

l’abilita’ dunque degli autori, e non solo di roddenberry, e’ quella di saper fondere i temi tra loro, mescolare trame classiche con temi ancora scottanti (amleto e olocausto in “conscience of the king”), infilando una fastidiosa pulce nell’orecchio del telespettatore di allora, come in quello di oggi.

non tutte le ciambelle vengono con il buco, e puo’ capitare che qualche episodio non dia buoni frutti. uno che invece ha destato grande interesse e affetto da parte dei trekkies e’ uno che io non amo particolarmente: “the city on the edge of forever”. ancora una volta il pacifismo viene proposto come antitetico alla pace (ancora l’ironia?), e per non far trionfare hitler occorre lasciar morire la pacifista. ma che dire del barbone auto-distrutto con il phaser perso da mccoy? forse che la morte di un barbone non puo’ mutare le sorti dell’umanita’? solo joan collins lo puo’?

“die! die! die! everybody die!”

(2 – continua)

Star Trek 1.0 – "space: the final frontier"

Star Trek 1.0 – “space: the final frontier”

A cura di Marina Pianu

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“Space: the final frontier. These are the voyages of the starship Enterprise,
her five-year mission to explore strange new worlds, to seek out new life and
new civilization, to boldly go where no man has gone before.”
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“one small step for man…”

posando il piede sul suolo lunare, il 20 luglio 1969 armstrong pose fine a  quella breve ma intensa stagione della corsa spaziale, aprendo al tempo  stesso una nuova era, quella che vede la nascita di un culto: il mondo di  star trek, che ironicamente proprio quell’anno veniva cancellata dal  palinsesto della nbc per insufficienza di share (nella sua stagione migliore,  1966-67, arrivo’ appena al 52o posto), e la sua popolarita’ con gli  adolescenti lo rendeva poco appetitoso agli sponsor.

“space: the final frontier”

non fu certo john f. kennedy colui che lancio’ l’uomo nello spazio. ci aveva  gia’ pensato eisenhauer, non fosse che per far dispetto ai russi, che con  yuri gagarin avevano bruciato gli americani sul tempo. quello che j.f.k.  voleva era un uomo sulla luna entro la fine degli anni ’60. lo spazio, non come concetto filosofico ma come meta di conquista, aveva dominato gli anni  ’50, il decennio di boom economico e demografico, il “populuxe” (felice neologismo di thomas hine). liberati dal “terrore rosso”, gli americani  potevano finalmente godersi il loro “spazio”, ampiamente contenuto nelle casette a schiera delle nuove suburbia, nelle loro grosse grasse automobili dotate di aerodinamiche “pinne”, che si rifornivano in aerospaziali stazioni di servizio e scivolavano in aerodinamici stand di hamburger o in spaziosi drive-in per una pomiciata spaziale. con l’inizio della corsa nello spazio, la spazialita’ divenne moda e pretesto per ogni follia umana nel design, investendo architettura, vestiti, ciotole, prugne…

la televisione americana, neo-termometro dei mutamenti sociali, ma ancora mobilio di lusso per pochi, anticipa la corsa spaziale con “captain video”, un programma per bambini che ha fatto storia, ma non ha ancora segnato una moda. non era infatti la fantascienza il genere dominante della programmazione delle quattro network, bensi’ il western, mitologia nazionale e incarnazione del sogno di un popolo che ancora si credeva o voleva credersi pioniere. “have gun will travel”, “gunsmoke”, “wagon train” sono i prodotti piu’ gettonati. solo negli anni ’60 l’esplorazione dello spazio inizia ad avere qualche sbocco in televisione, ma in maniera indiretta (“i dream of jeannie” e “my favourite martian”) e facilmente ricollocabile in una piu’ generale (e generalizzata) sete di magia e di fuga (“bewitched”, “addams family”, ancora “my favorite martian”). persino “lost in space” ha piu’ a che vedere con la famiglia robinson che con l’avventura della nasa. neppure i “jetsons” (i pronipoti), di pur breve successo, non sono stati che
l’animazione del sogno-incubo tardo-populuxe di una societa’ totalmente automatizzata. e comunque il western continua a registrare il massimo degli ascolti…

“the impossible has happened”

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“[CBS] finally told me, ‘No, we have a science fiction we like.’ And they said
it was much more adult than what I was talking about. This was ‘Lost In
Space.’ ”
–nel primo tentativo di vendere “Star Trek” a una network
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un bel giorno desilu (la casa di produzione di desi arnaz e lucille ball) chiese a gene roddenberry, uno degli autori di “have gun will travel”, di scrivere il pilota per una serie di fantascienza. il progetto, finanziato con 500mila dollari, risulto’ nel celebre “the cage”, un film in piena regola. ambientato in un lontano futuro, il soggetto prevedeva un’astronave di una futura federazione di culture planetarie, proiettata in esplorazione nel vasto spazio dell’universo. avrebbe dovuto essere, nelle parole del suo creatore “un wagon train nello spazio”, cioe’ un western di pionieri camuffato da fantascienza. protagonista di “the cage” era un capitano sull’orlo di una crisi di nervi (alcuni membri del suo equipaggio erano stati vittime di gravi radiazioni), attirato sul pianeta talos iv da telepatici alieni in cerca di campioni ideali per ripopolare la loro terra desolata. bramosi di farlo accoppiare con l’unica superstite di una missione di coloni, i talosiani producono per lui diverse situazioni illusorie, ma l’allergia a qualunque forma di prigionia e manipolazione spinge il capitano pike a ribellarsi e a riuscire a rendersi inidoneo all’esperimento. l’avventura pero’ ottiene l’effetto collaterale di risanarlo dal rischio di crisi di nervi.

il pilota, che pure si avvaleva della partecipazione di una star del cinema, jeff hunter, non piacque ai dirigenti della nbc che trovarono il materiale “troppo cerebrale”, ma, in via del tutto eccezionale, ne richiesero un secondo. “where no man has gone before”, messo in onda un anno dopo, vide
qualche revisione di cast (hunter venne sostituito dal vanesio william shatner, reduce da diverse produzioni drammatiche) e di organigramma di bordo (niente numero uno, niente donna al comando), ma si avvalse ugualmente della presenza di un’attrice famosa, sally kellerman, nei panni della psichiatra
elisabeth dehner. questo secondo pilota ottenne il consenso della network e “star trek” prese l’avvio nel settembre del 1966. “the cage”, che non vide la luce sullo schermo (solo 20 anni dopo, quando s.t. era ormai un cult), venne ampiamente riutilizzato per “the managerie”, episodio in due parti.

(c) Paramaunt Pictures

“course set for a standard orbit”

dopo qualche episodio di assestamento, l’organigramma dell’enterprise si stabilizza con i suoi personaggi chiave: uhura, interpretata da un’avvenente cantante afro-americana, nichelle nichols, era l’unica donna nel “bridge” nonche’ prima donna nera in una serie “seria” (dopo una stagione di molestie
sul set, nichols voleva lasciare la serie, ma fu martin luther king jr. a convincerla a restare, per l’effetto positivo che poteva avere per i giovani afro-americani); “bones” mccoy, il simpatico “medico di campagna” tutto etica e sentimento, antidoto e talvolta spalla per il freddo e logico spock e interpretato da deforest kelley, un veterano del western (o to’) — inizialmente avrebbe dovuto interpretare lui il ruolo di spock; monty scotty, il rude ma bonaccione scozzese a capo dei motori, interpretato dal canadese james doohan (voce radiofonica e poi inventore, fra l’altro, del klingonese); sulu, il timoniere solitamente preciso, ardito ma poco dedito ad alzate di testa (a meno che…), interpretato dal superattivo george takei; yeoman rand, la dolce e servizievole assistente sul bridge, romantica rivale dell’enterprise nel cuore di kirk, ma interpretato da un’infelice grace lee whitney che dopo pochi episodi venne malamente cacciata per problemi di
alcolismo (rivelo’ poi di essere stata violentata due volte da membri della troupe); e infine spock, il glaciale simil-buddista ma spiritoso vulcaniano mezzosangue, indissolubilmente legato alla figura di leonard nimoy (shatner si era lamentato che spock aveva battute migliori delle sue, ma gene gli consiglio’ di fare amicizia fuori dal set con nimoy e che le sue battute avrebbero dato a lui, bill, molte occasioni di brillare…). che n’e’ stato di majel barrett, numero uno di “the cage”? e’ finita a fare l’assistente di dr. mccoy, oltre a prestare costantemente la voce al computer di bordo.

su william shatner credo non ci sia nulla da dire che non si sappia gia’, se non che, frugando qua e la’ tra gli archivi trekkie, si nota una costante vanita’ che lo rese a piu’ riprese insopportabile dagli altri membri del cast (bello era bello, ma portava il toupe’! 🙂

(c) Paramaunt Pictures

[ 1 – continua ]

" Star Trek : New Voyages " di James Cawley

" Star Trek : New Voyages " di James Cawley

Articolo di Daniele Clementi

PREMESSA STORICA

Alcuni anni fa in occasione di un anniversario americano di "Star Trek" i produttori della Paramount decisero di fare un omaggio all’equipaggio della prima gloriosa serie televisiva degli anni 60′. In quel periodo andavano in onda sulle reti americane ben due serie nuove derivative dal mondo di "Star Trek": la prima era "Star Trek Deep Space Nine" e la seconda era "Star Trek Voyager". Per l’occasione, gli autori delle due serie avrebbero dovuto realizzare delle puntate speciali in qualche maniera collegate con il mondo classico della prima serie. Gli autori di "Voyager" concepirono una puntata collegata con il film "Star Trek 6: Rotta verso l’ignoto" mentre gli autori di "DS9" preferirono citare un classico episodio della serie originale. Il pubblico e la critica gradirono molto di più la puntata della serie "DS9" e si scatenò una sorta di dibattito tra i fan che cominciavano a sostenere che il vecchio telefilm non era realmente invecchiato e che con i medesimi costumi e le medesime scenografie si sarebbe potuto ripartire in qualsiasi momento raggiungendo comunque e meglio delle nuove serie il cuore del pubblico, avevano ragione.

La trama della puntata di "DS9" era questa:

La Federazione Unita dei Pianeti è impegnata in una guerra titanica contro il Dominio (una razza aliena spietata e pericolosa che rappresentò un punto di svolta nel mondo di "Star Trek" degli anni 90′). Il capitano Sisko durante una perlustrazione di sicurezza con la nave da guerra Defiant s’imbatte in un’anomalia temporale che obbliga la nave ad un "salto quantico" (Ah ! le spiegazioni scientifiche di "Star Trek" !). Improvvisamente la nave Defiant, resa invisibile e schermata dai sensori esterni, entra quasi in collisione con una vecchia nave stellare terrestre. Pochi secondi dopo il navigatore della nave identifica l’epoca in cui si trova l’equipaggio ed il nome della nave ma prima di poter completare la frase il capitano interrompe il navigatore per concludere da solo la battuta: "E’ la USS Enterprise 107, mio Dio la nave del capitano Kirk !". L’equipaggio della Defiant scopre di trovarsi alla presenza della nave più importante della storia della federazione poco prima degli eventi narrati dall’episodio classico " Animaletti pericolosi – The trouble with Tribbles ",sorvolo sulla trama della puntata classica ed anche su quella commemorativa per andare dritto al centro della questione. La puntata è realizzata con la medesima tecnica di "Zelig" e "Forrest Gump", quindi il nuovo cast di Star Trek interagisce con le vecchie sequenze del telefilm ed occasionalmente sono integrate nuove scene e doppiate dagli attori originali nuove battute. La gente s’innamorò di questa puntata e nacque il desiderio di poter vedere nuove storie di Star Trek con i vecchi costumi ed i vecchi classici ambienti, inoltre la computer grafica dimostrò che sarebbe bastato usare nuovi strumenti grafici per ringiovanire il poco necessario la serie senza intaccarne il gusto "retrò".

Rick Berman, che aveva ereditato la saga da Roddenberry,ignorò il fenomeno (forse si sentiva minacciato da un "revival" che stava intaccando le sue invenzioni) e proseguì con il rimodernamento del mondo di "Star Trek" che tanto deluse i fan.

Poco tempo fa l’egemonia di Berman è stata interrotta dal fallimento della serie "Enterprise" e i produttori hanno cercato di rimettere in piedi la saga ripartendo da zero con un film che dovrebbe raccontare la giovinezza di Kirk e Spock sviluppato dal creativo della tv americana J.J. Abrams ("Alias", "Lost" e "Mission Impossible 3").

IL FENOMENO DEI FAN FILM

La rete ha prodotto grandi scossoni al mondo del cinema e della tv, fra questi scossoni c’è il fenomeno dei "Fan Film", si tratta di cortometraggi realizzati direttamente dai fans sui loro eroi preferiti e girati con molta serietà e qualità, questi film sono tollerati dagli aventi diritto perchè contribuiscono a creare il mito e permettono agli autori "veri" di studiare e sperimentare nuove vie espressive senza compromettere i prodotti ufficiali. Oggi in rete esistono molti fan films di Batman, Superman e 007 ma l’origine del fenomeno è dovuta a "Guerre Stellari". Infatti i patiti della saga stellare di Lucas si sono talmente stufati di vedere storie deludenti sui loro eroi che hanno deciso di fare da soli girando corti, medi e lungometraggi sui personaggi della saga ed inventandone anche di nuovi. Sul piano legale i fan film possono esistere purché siano integralmente senza scopo di lucro e per questo motivo sono scaricabili gratuitamente da internet. Una vera rivoluzione che un giorno potrebbe sostituire in modo molto creativo la pirateria dei film "ufficiali".

 

STAR TREK NEW VOYAGES

Il fan James Cawley non ha concepito un semplice fan film ma addirittura un’intera serie di telefilm (anche se per il momento ha girato solo tre puntate e la quarta è in lavorazione). Il progetto però non è il solito prodotto di un amatore ma quasi una saga ufficiale con la consulenza artistica di Eugene Roddenberry, Jr. (il nipotino del padre della saga che conosce a menadito tutto, ma proprio tutto quello che ha fatto il suo mitico nonno) e con la colonna sonora dei film originali.

La serie racconta le nuove avventure dell’equipaggio classico di "Star Trek" e si avvale di occasionali "special guests" degli attori originali.

ANDARE DOVE NESSUNA PUNTATA ERA MAI GIUNTA PRIMA

Una delle caratteristiche di "Star Trek" è sempre stata l’originalità ed il coraggio della sperimentazione, fu proprio "Star Trek" a realizzare il primo bacio fra due diverse razze in tv (Kirk che bacia Uhra) oppure il primo bacio omosessuale (in una puntata di "DS9"). Ma negli anni 90′ fu scritta una puntata che introduceva a bordo della nave "Enterprise 1701-d" una coppia gay, doveva far parte delle ultime stagioni di "Star Trek : the Next Generations" poi qualcosa andò male, sembrò che questi personaggi potessero tornare nei nuovi film ma poi anche questa speranza si perse.

Ora la famosa sceneggiatura della puntata mai vista è stata adattata per diventare un episodio di "New Voyages" ed i suoi personaggi sembrano destinati a rimanere nel cast fisso.

Il primo personaggio gay di "Star Trek" sarà il nipotino del capitano Kirk … "interessante" commenterebbe Spock alzando un sopraciglio.

Per scaricare le puntate di NEW VOYAGES cliccate qui

(avrete bisogno di una connessione molto, molto buona).

 

Conferenza: Welcome to Twin Peaks

Martedì 13 marzo
21.30 Teatro Charitas di Chiavari, via Marana 8
FRAMMENTI : Schegge di Cinema – seconda edizione –

WELCOME TO TWIN PEAKS
Conferenza a cura di Daniele Clementi

Che cosa è stato "Twin Peaks" ?
Come ha cambiato il gusto del pubblico e gli strumenti espressivi degli autori ?
E se questo non bastasse …
La loggia nera, la loggia bianca, Bob, l’uomo senza un braccio, la signora ceppo e Laura Palmer.
Il Circolo del Cinema Dodes’ka-den vi invita ad una serata conferenza sulla popolare serie che rese David Lynch leggedario e che tenne con il fiato sospeso milioni di spettatori. La serie televisiva che ha cambiato la storia dei Media. I significati, i simboli e le influenze che condizionarono le nuove generazioni di autori
raccontate in pubblico insieme a musica e immagini. In una sola notte ricostruiremo il mito, analizzeremo l’opera e cercheremo di fornire una lettura completa di un fenomeno che ha cambiato per sempre il
linguaggio visivo contemporaneo.

E… ricordate … c’è sempre tanta musica nell’aria …

Ricordiamo (per chi non è ancora socio) che la tessera non può essere attivata la sera di proiezione con il biglietto d’ingresso.
SI PREGA PERTANTO DI TESSERARSI PRESSO I SEGUENTI LOCALI :

VIDEOTECA WONDER VIDEO LE CINEMA
Viale Kasman 3, Chiavari.
Dal lunedì al sabato 11.00 -13.00  –  16.00 – 20.00

ZUCCHERO AMARO
Via Entella 205, Chiavari.
Dal lunedì al sabato 09.30 -12.30  –  15.30 – 19.30
Chiuso lunedì mattina.

" Dr. House " di David Shore

" Dr. House " di David Shore

Recensione di Daniele Clementi

Tanti anni fa, quando ero uno sbarbino ed imparavo semiologia, ebbi l’opportunità di seguire alcune lezioni di Umberto Eco su alcuni personaggi chiave delle televisione americana. Fra questi c’era il tenente Colombo (Peter Falk), il personaggio dell’investigatore povero e cialtrone che riesce ad incastrare il ricco e borghese assassino era un simbolo di rivincita per tutti gli spettatori proletari della tv. Con gli anni ho imparato che ogni format delle serie televisive si ricollega ad un principio simile. Per ogni personaggio vincente della tv c’è un simbolo mediatico in cui lo spettatore può immedesimarsi o quantomeno può confrontare con una parte di se.

Sulla base di questo piccolo "incipit" vi invito ad una breve autopsia del Dottor House !

Eccoci qui davanti alla salma virtuale della sceneggiatura del famoso telefilm con un bisturi in mano mentre ci apprestiamo a sezionare il personaggio in cerca dell’ingrediente miracoloso che ha portato questo telefilm al successo in meno di tre anni.

Citiamo velocemente la presenza del genietto Brian Singer ("I soliti sospetti", "X Men", "Superman returns") in qualità di produttore e buttiamoci subito sul cervello del nostro eroe : David Shore.

Mr. Shore inizia la sua carriera come produttore (aveva già i soldi) della serie televisiva "LAW & ORDER" nel 1990 e la serie ha un tale successo da durare ininterrottamente fino al 1999.

In questi 9 anni Shore si fa le ossa (oltre ai soldi) come sceneggiatore e scrive anche molti episodi di sconosciute serie tv canadesi tra cui "Due South" (il telefim della guardia a cavallo canadese in America). Nel 2004 realizza un breve episodio 0 come format prova di un telefilm intitolato "House M.D." ed il gioco è fatto !

Ora dal cervello del paziente passiamo al cuore: la struttura del serial.

Un medico scorbutico, scontroso e geniale che riesce a risolvere le malatie più rare ed improbabili a qualsiasi costo anche della stessa etica medica. Insomma un "rambo" della malatia.

Cosa piace del Dottor House ?

La sua infallibilità sommata alla sua completa associalità.

La sua profonda debolezza fisica (evidenziata dal bastone e dalla gamba dolorante) contrapposta alla sua genialità.

Il suo comportamento sfrontato ed al limite del criminale alimentato dalla sua spavalda sicurezza nei confronti delle malatie più incredibili e letali.

Tutto questo rende il Dr. House un eroe impuro e contemporaneamente perfetto.

La formula consiste nell’umanizzare attraverso l’arroganza e l’associalità del carattere un personaggio altrimenti irreale e poco convincente, perchè dobbiamo ammettere che la perfezione del Dottor House è pari a quella del tenente Colombo e così la sua cialtronaggine apparente. Insomma : più il personaggio è incredibile e più i suoi improbabili difetti riusciranno a nascondere la natura paradossale del suo carattere, la contraddizione che perfeziona il personaggio rendendolo perfetto per il processo di empatia con lo spettatore. Tutto il resto è contorno.