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VENEZIA 2007 : " Redacted " di Brian De Palma (2007) – 2

MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA 2007
 
(c) Biennale di Venezia
  

" Redacted " di Brian De Palma (2007)

Recensione di Daniele Clementi

 

 
 
 

Non si può proprio contestare la buona volontà di alcuni registi americani di denunciare la bestialità della guerra ed in particolare il clamoroso errore americano della guerra in Iraq, ciò nonostante si percepisce quasi sempre in questi nobili tentativi una certa frammentarietà ed una evidente difficoltà nel focalizzare bene il racconto. L’idea di De Palma è ottima, scorre come una piece teatrale (anche troppo) e sfrutta alcuni luoghi comuni della guerra in Iraq rendendoli i teatri mediatici del suo racconto. Così le videocamere dei soldati diventano lo sguardo del regista e l’unico punto di vista fisico per lo spettatore, le videocamere della sorveglianza divengono invece una sorta di confessionale inconsapevole di fronte al quale i soldati rivelano i loro lati più oscuri e le loro più istintive e sadiche brutalità, una sorta di “grande fratello” dei soldati americani in Iraq, girato con esplicitato disprezzo dal regista come se fosse un reality show a cui lo spettatore può assistere comodamente sul divano di casa.
De Palma non ci fa mancare nulla ed usa anche una simulazione di internet e della moda di “you tube" attraverso il cui sistema di diffusione anarchica delle immagini si possono trovare le videotelefonate dei soldati, le confessioni, le video-lettere delle mogli ed infine i sequestri con relative esecuzioni e ritrovamenti dei cadaveri dei soldati americani. Una guerra che passa attraverso la multimedialità interattiva, sfruttando ed al tempo stesso condannando il voyeurismo dei reportage giornalistici americani moderni. Nessun soldato si salva dal giudizio morale del regista, dagli stupratori ai testimoni della mostruosità che filmano il tutto in attesa di poterlo usare come ingresso nel mondo dello spettacolo, fino a chi si distanzia dal fatto pur restando immobile e connivente di fronte alla mostruosità del male latente in ogni essere umano. Una prova di capacità intellettuali, di talento cinematografico, di riflessioni sociologiche e persino antropologiche, ma eccessivamente pensato, freddo e razionale, quasi scontato nella sua tragicità, anaffettivo e glaciale al punto da dimenticarsi il fattore umano, poco spontaneo e troppo sviluppato a tavolino per rimanere realmente memorabile.
Resta una grande prova di regia, un reality-piece molto intrigante sulla carta anche se banale nello sviluppo, incapace di andare aldilà dell’effetto shock delle sue immagini, duro e toccante come un reportage ma altrettanto limitato e parziale ci lascia in attesa di un film più completo e altrettanto ambizioso.
CREDITI
Regia: Brian De Palma
Sceneggiatura: Brian De Palma
Uscita ufficiale nel paese d’origine: 2007 (USA)
 – Interpreti principali –
Patrick Carroll:  
Robert Devaney :
Izzy Diaz:
Ty Jones:
Mike Figueroa:
Produttori: Simone Urdl, Jennifer Weiss, Jason Kliot, Joanna Vincente.
La colonna sonora è composta da una compilation di vari brani raccolti dal regista senza un compositore originale.
Direttore della fotografia: Jonathon Cliff.
Montaggio: Bill Pankow.
Sito ufficiale del film:  Http://www.hdnetfilms.com

VENEZIA 2007 : " Redacted " di Brian De Palma (2007) – 1

MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA 2007
(c) Biennale di Venezia
Note da VENEZIA
di Antonella Mancini e Paolo Strigini
 
 

” Redacted ” di Brian De Palma (2007)

Pareri discordi in sala, dopo la visione di questo attesissimo film. Molti applausi, che non abbiamo capito, molti (fra cui noi) sono restati lì come sassi. Personalmente ne siamo usciti devastati, con un deserto dentro. Oggettivamente, il film non è gran che: lento, senza trama, immagini fisse, dialoghi cretini, attori di brutto aspetto e mediamente antipatici, per giunta un finto documentario e, come se non bastasse, un soggetto trattato già in mille salse – figurarsi la guerra! – ma che pizza! Ebbene, è proprio questo che decreta la grandezza del film e il coraggio di De Palma nell’essersi avventurato in una simile impresa di denuncia: raccontare la banalità della guerra. E’ questa banalità che prende dentro e lascia un groppo del quale è difficile liberarsi. E’ questo mostrare, pezzo per pezzo, come attraverso le cose più stupide, le più sceme, si costruiscano degli assassini che non sanno nemmeno di esserlo. O meglio, fanno maldestramente finta di non saperlo, recitando la parte del soldato che fa solo il suo dovere, fra mille difficoltà e in mezzo a una banda di nemici assetati di sangue. Però all’inizio vediamo questi futuri assassini sudare a un posto di blocco dove ci vogliono cinque minuti (in tempo reale) per far passare una macchina, scrutando in giro per vedere se qualcuno (giustamente) vuol farti saltare in aria, (e a volte ci riesce) o imprecando a chi ti ha mandato in questo posto di merda.
Una cronaca ricostruita con pazienza e rigore, come il delitto dei due balordi raccontato da Truman Capote in A sangue freddo. Un film tragico, dunque, e pessimista, che va al cuore della natura umana, a scanso del tono dimesso per il quale molti hanno sentito il dovere di criticarlo. Ci sorge il dubbio che queste critiche nascondano una presa di distanza difensiva, una sorta di paura di fronte all’abisso della nostra miseria, a quanto siamo pronti a diventare creature ignobili non appena saltano gli schemi rassicuranti entro cui siamo abituati a incanalare le nostre vite. Meccanismi psicologici analoghi a quelli scattati al tempo dei campi di sterminio nazisti, dove era la “normalità” a prevalere, e non l’anomalia. O forse sono così solo gli Americani ?