" 300 " di Zack Snyder
Recensione di Antonella Mancini
Se per qualche curioso scherzo del destino "300" dovesse fissarsi indelebilmente nella storia del cinema, la sua collocazione sarebbe nel genere comico. Se poi la comicità sia un risultato previsto dal regista o l¹effetto involontariamente ridicolo della trasposizione letterale da fumetto a film, non saprei dirlo, nè conosco i retroscena di tutta l’operazione. Che è – e resta – comunque irresistibile. Irresistibile è lo scontro del piccolo Leonida con l’improbabile lupo, certi primi piani di Leonida da grande, il gioco dei seppia e dei blu e, quando si passa al colore, l’effetto pellicola vecchia che ricorda i film storici del
dopoguerra o i fumetti sgualciti dimenticati in soffitta. Ma il vertice di vis comica si tocca con l¹apparizione geniale della figura di Serse, presentato in tutto e per tutto come la caricatura del gay pre-Pacs, con tanto di sguardi languidi bistrati e il corpo nudo ricoperto di gioielli.
Sinchè non apre bocca. Il che accade solo dopo lunghi secondi e in contemporanea col suo affiancarsi al vigoroso Leonida. E qui, sorpresa, il Serse sovrasta virilmente di un buon mezzo metro il già massiccio spartano e sfodera una insospettata voce da basso-conduttore TV. Come non piegarsi in due dalle risa? E poi gli effetti speciali alla giapponese con soldati che volano, sangue che copre l’obiettivo, cadaveri decapitati che restano in piedi, arti di vario genere mozzati mentre il loro proprietario seguita a battersi valorosamente. E ancora, Frankestein, o il suo clone, che irrompe nel campo di battaglia, il traditore spartano a mezza strada tra gobbo di Nôtre Dame incattivito ed ET vecchio. E via dicendo, fra rinoceronti stupidi ed elefanti distratti, per finire con la scena alla Mulino Bianco nel campo di grano, sfondo bucolico per ciò che resta della famiglia del nobile Leonida.
Tutto ciò assicura due ore di divertimento, seppure in barba alla verità storica. Per esempio non è vero che Leonida nel film proposto quale kamikaze ante-litteram – fece tutto di testa sua. Fu la lega delle città
elleniche a decidere che un gruppo di spartani si sarebbe appostato alle Termopili in un tentativo estremo di ritardare una battaglia persa in partenza. E toccò a lui. Ma la ³veritಠstorica non è necessariamente un valore filmico. Mentre, se ci spostiamo, forse altrettanto indebitamente, sui valori etici, ecco che 300 può apparire un subdolo veicolo di messaggi quantomeno ambigui. Nel film vien detto a più riprese che dall¹Oriente non possono che venire corruzione, tirannide, distruzione e morte; che Leonida & C. sintetizzano tutte le virtuose istanze di libertà dell¹Occidente; che pertanto, in nome di queste, sono legittimi il ³martirio² bellico e l¹educazione alla violenza (le scene iniziali di addestramento dei piccoli spartani richiamano infatti tristemente quelle dei piccoli ³nemici²di Sabra e Chatila); che il terrorismo condannato negli Altri (gli Orientali in senso lato) è invece permesso e incoraggiato da questa parte della barricata, ed è sacrosanto perché a fin di bene: il nostro. Sarebbe a dire che ³noi², per battere ³le forze del male², come vorrebbe Oriana Fallaci, o banalmente per divertirci, secondo la moda dei bulli da stadio o da aula di scuola media, dovremmo diventare come ³loro²? Per farla breve, il dubbio è di trovarci di fronte ad un¹apologia della guerra come valore non negoziabile: ³senza se e senza ma² (il che forse genera la sua stessa antitesi, anche questa ³senza se e senza ma²). Apologia tanto più infida perché leggera e divertente.
Uscendo dal cinema le facce, quasi per lo più ragazzini e ragazzotti, erano sorridenti e per nulla abbattute dalla rievocazione della tragedia cui avevano assistito. O.K. Si sono divertiti anche loro. Forse. Ma chi può
garantire che alcuni di quei messaggi non siano acriticamente scivolati indisturbati nella loro mente?