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VALZER CON BASHIR di Ari Folman (2008)

CANNES 08: ” Waltz with Bashir ” di Ari Folman (2008)
Recensione di Daniele Clementi
Esattamente un anno dopo l’uscita al Festival di Cannes del film “Persepolis”, ecco arrivare un nuovo lungometraggio d’animazione per adulti che affronta alcune scottanti tematiche della questione mediorientale. Questa volta si tratta del Libano e dei giorni che precedettero la terribile strage di Sabra e Shatila del settembre 1982. Ari Folman (protagonista e regista del film d’animazione) sta ascoltando il sogno ricorrente di un suo amico, un sogno che cela un trauma vissuto dall’uomo durante la guerra del Libano e mai elaborato, improvvisamente realizza di non avere più ricordi del 1982, nessun ricordo di Beirut, nessun ricordo di Sabra e Shatila da cui il suo posto di blocco distava circa 300 metri. L’unica immagine che gli resta è quella di tre giovani soldati che nudi si apprestano ad uscire dal mare per indossare i loro vestiti ed imbracciare le armi e dirigersi per le strade desolate e distrutte di Beirut, l’ultima immagine è una massa di madri piangenti con l’abito nero del lutto. Folman non è più in grado di stabilire se questo ricordo sia un sogno o la reminiscenza di un fatto reale e comincia dunque la sua indagine alla ricerca dei ricordi che ha rimosso, viaggiando fisicamente e mentalmente, incontrando testimoni, vecchi amici e visitando luoghi che lo riportino ai ricordi originali.
Nel corso del suo viaggio impareremo a conoscere la guerra del Libano, vedremo le mutazioni sociali e politiche, esploreremo le ragioni del singolo e quelle del collettivo che hanno portato alla mostruosità del massacro del 1982. Linguisticamente il film è una piccola rivoluzione perchè mostra delle vere interviste realizzate dal vivo dal regista trasformate con una tecnica speciale in cartone animato. Una tecnica di linguaggio nuova che unisce così al documentario, la messa in scena drammatica del film e la risorsa surreale delle soluzioni narrative di un cartone animato. Un prodotto unico non solo per la tecnologia ed il linguaggio ma anche per l’intensità con cui coinvolge lo spettatore incollandolo davanti allo schermo fino alle immagini finali che non sono più un cartone animato ma il documento della cruda realtà.