Archivio mensile:Maggio 2008

CANNES 2008: I vincitori ed i commenti in diretta alla radio !

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Oggi siamo in diretta su Radio Aldebaran e commenteremo i premi del Festival che trovate pubblicati qui sotto.
Per ascoltare Radio Aldebaran : FM 8.88 – 91.3 – 92.9

Palma d’Oro

ENTRE LES MURS di Laurent Cantet

Grand Prix

GOMORRA di Matteo Garrone

Premio del 61° Festival di Cannes ex-aequo

Catherine Deneuve per UN CONTE DE NOËL di Arnaud DESPLECHIN

Clint Eastwood per L’ÉCHANGE (The Exchange)

Miglior regia

ÜÇ MAYMUN (Three Monkeys / Les Trois Singes) di Nuri Bilge Ceylan

Premio della Giuria

IL DIVO di Paolo Sorrentino

Miglior protagonista maschile

Benicio Del Toro per CHE di Steven SODERBERGH

Miglior attrice

Sandra Corveloni per LINHA DE PASSE di Walter SALLES, Daniela THOMAS

Miglior sceneggiatura

LE SILENCE DE LORNA di Jean-Pierre et Luc DARDENNE

CANNES 08: " The outlander " di Howard McCain (Usa 2008)

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CANNES 08: " The outlander " di Howard McCain (Usa 2008)
Recensione di Daniele Clementi

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Una nave stellare proveniente da un mondo remoto cade in un freddo lago del nord dell’Europa. Siamo nel pieno dell’era vichinga sotto la saggia guida del re Halga. Un uomo che viene dallo spazio giunge in un luogo primevo e devastato da piccole guerre ma con se non porta solo tecnologia e saggezza. Con l’astronauta giunge anche una creatura aliena, che si ciba di esseri umani e che prolifica nel terrore e nella distruzione, ma non è una creatura del male bensì l’ultima sopravissuta di una razza aliena interamete distrutta dalla razza dell’uomo venuto dallo spazio che ne ha colonizzato il pianeta d’origine, la belva ,vittima di una colonizzazione, nel suo ultimo disperato tentativo di vivere uccide e distrugge gli ignavi vichinghi cercando di colonizzare a sua volta la terra. Un film sulla guerra e sulla lotta per la sopravivvenza che non priva lo spettatore di ricchi effetti speciali, erotismo ed azioni spettacolari. Un buon film che nasce dall’arguta commistione fra fantasy e cinema di fantascienza, nulla di troppo nuovo in verità ma nella sua confezione e nella resa finale certamente un prodotto di alta qualità per una serata spensierata e senza troppe pretese, ogni tanto ci vuole anche questo.

CANNES 08: " Adoration " di Atom Egoyan (Canada 2008)

 

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CANNES 08: " Adoration " di Atom Egoyan (Canada 2008)
Recensione di Daniele Clementi

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Atom Egoyan, l’indimenticabile regista di "Sweet hereafter – Il dolce domani", è un regista di gialli dell’anima. I suoi film non sono mai dei gialli nel senso grezzo e commerciale del termine, sono puri film d’autore dove non si indaga un omicidio, ma un segreto che il protagonista cela dentro di se. Può essere un dolore per una perdita, un amore o persino un ricordo mai elaborato, ma tutti i suoi film sono indagini all’interno del se, profondi viaggi interiori finalizzati a scoprire qualcosa di rimosso o dimenticato o semplicemente negato. Il nuovo film di Egoyan esplora questa volta il ricordo di un padre, forse un terrorista , forse un restauratore di violini, forse un mussulmano. Il giovane protagonista provoca la sua classe e poi un intera comunità di navigatori internet sulla natura di suo padre, si interroga sul conflitto fra cristianità e religione mussulmana, sfiora il mondo ebraico e raggiunge il suo scopo con dolcezza ed eleganza ma non senza sofferenza e conflitto. Sarebbe un grave crimine raccontare la storia e rivelare il finale, una cosa che non si fa a maggior ragione con i gialli ed in questo caso l’indagine di questo ragazzo dentro se stesso va gustata fino in fondo lasciandosi sorprendere dall’imprevedibilità degli eventi.

CANNES 08: " Nightmare Detective 1 & 2 " di Shinya Tsukamoto (Giappone 2006 – 2008)

 

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CANNES 08: " Nightmare Detective 1 & 2 " di Shinya Tsukamoto (Giappone 2006 – 2008)
Recensione di Daniele Clementi

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Shinya Tsukamoto è lo stupefacente regista di "Tetsuo", "A snake of june" e "Gemini". Si tratta di uno dei più grandi talenti del cinema giapponese contemporaneo. La saga di "Nightmare Detective" però non va confusa con il filone horror asiatico convenzionale poichè rispetto ai classici fantasmi e mostri giapponesi, quelli narrati da Tsukamoto sono ben più raffinati e complessi nei loro significati psicanalitici. Persone ossessionate da orribili incubi o terribili fantasmi o demoni si recano dal protagonista per sconfiggere i loro mostri ma si ritrovano un giovanotto anch’egli in balia dei suoi mostri. Per riuscire a salvare i suoi "clienti/pazienti" il detective deve entrare nel loro sogno, viverlo e farlo suo e senza una connessione inconscia iniziale non può ne raggiungerli ne aiutarli. Una magnifica serie di storie horror che nasconde in realtà un filone di film psicanalitici dove i conflitti, i traumi e le paure dei protagonisti passano attraverso i loro mostri che divengono la proiezione onirica delle loro angoscie più nascoste. Una saga unica nel suo genere e ricca di significati psicanalitici. Qualcosa di più diverso e ben più elevato dei soliti horror movie asiatici.

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CANNES 08: " God's puzzle " di Takashi Miike (Giappone 2008)

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CANNES 08: " God’s puzzle " di Takashi Miike (Giappone 2008)
Recensione di Daniele Clementi

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Il talento di Miike Takashi è praticamente unico, riesce in poco tempo a sfornare film di notevole forza espressiva destinati ad un settore molto commerciale del mercato e spesso profondamente rivolti al pubblico giovane senza quasi mai sbagliare il colpo. Se poi si considera che sforna almeno 4 film ogni anno è quasi miracoloso il talento di questo grande professionista giapponese. Questa volta si tratta di  una love story hard rock con tinte fantascientifiche, ironia ed incredibili effetti speciali. La storia di un amicizia e forse un giorno di un amore tra un giovane rockettaro studente svogliato di fisica quantistica con un enorme talento per la preparazione del sushi ed una ragazza nata in provetta da padre donatore sconosciuto con un quoziente intellettivo da record. I due che vivono agli opposti intellettuali sono costretti dall’università a condividere un progetto per un laboratorio speciale e decidono di cimentarsi in un argomento leggero leggero: cercheranno di provocare un Big Bang che possa generare un nuovo universo. Il bello è che quasi ci riescono se non fosse per la paura di distruggere l’universo che conoscono e se non fosse per quello strano legame che lega questi due splendidi opposti e che già di per se è un Big Bang. Un film divertentissimo e romantico ricco di elementi di fantascienza e colpi di scena, il finale in cui i protagonisti scoprono i loro sentimenti è una vera apocalisse con tanto di tromba d’aria su Tokyo e la quasi distruzine dell’intero universo … questo si che è amore !!!!

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CANNES 08: " Ashes of time redux " di Wong Kar Wai (Hong Kong, 1994 – 2008)

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CANNES 08: " Ashes of time redux " di Wong Kar Wai (Hong Kong, 1991 – 2008)
Recensione di Daniele Clementi

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Sono passati ben 14 anni prima di una corretta diffusione in Europa di questo film rivoluzionario di Wong Kar Wai, forse dal punto di vista estetico il più importante della sua carriera ad Hong Kong.

Quando alla fine degli anni 90′ in Italia eravamo ancora in pochi a sostenere questo regista ed il cinema di Hong Kong come risorsa per il futuro, uno dei film che più ci spingeva a tanta difesa passionale era proprio questa pietra preziosa, quasi impossibile da vedere e da trovare, di cui si diceva esistessero molteplici versioni, nessuna delle quali definitiva.

Insomma questo film era un icona preziosa su cui in tanti hanno basato la loro esperienza esplorativa nel cinema di Hong Kong, con l’avvento del dvd finalmente fu possibile trovare una versione (pessima) americana piena di tagli e deformazioni ma sufficente per capire l’enorme importanza che questo film avrebbe avuto nella storia del cinema asiatico e quale influenza stava apportando ,nonostante la sua difficile reperibilità, in occidente. Vedere questo film restaurato e montato in una versiona definitiva al festival di Cannes è un pò un riconoscimento per tutti quelli che hanno sempre difeso l’industria di Hong kong e sostenuto la sua importanza nella storia del cinema. C’era aria di festa nella sala in cui si stava per proiettare il film, c’erano tutti i nomi che hanno contato qualcosa nella lotta per la scoperta del cinema di Hong Kong in Europa ed anche qualche nome importante per gli Stati Uniti, allo spegnersi delle luci poi il clamoroso applauso è stato quasi liberatorio, il film che ha segnato almeno una generazione di nuovi critici e cinefili stava per essere mostrato finalmente nella sua versione definitiva.

Negli anni 90′ il cinema di Hong Kong era condizionato molto dai racconti d’azione ed una storia di cavalieri erranti come questa era un classico puro, ciò nonostante il modo con cui Wong Kar Wai scelse di raccontare il film era rivoluzionario. La dove i registi velocizzavano con la tecnologia le scene di battaglia per renderle più dinamiche, lui le rallentava all’inverosimile, la dove si prediligeva l’azione rispetto all’introspezione, lui si soffermava su conflitti psicologici sofisticati espressi tramite un ricco percorso di immagini metaforiche. Il film wuxiapian di Wong Kar Wai era qualcosa che nessuno aveva mai visto e che nessuno ha più avuto il coraggio di ripetere. I film dello stesso genere arrivati dopo come "La tigre e il dragone", "Hero" o "La foresta dei pugnali volanti" erano tutti una regressione stilistica rispetto a questo film. La storia è un percorso emozionale e sensoriale non sempre troppo chiaro e definito dove le emozioni interiori contrastano violentemente con le cruente scene di battaglia mostrate spesso a rallentatore con musiche lontane anni luce dalle convenzioni del genere. Il caleidoscopio di personaggi è tenuto insieme da una sola figura un guerriero in eremitaggio nel deserto che riceve in visita altri guerrieri, assassini e principesse con cui ha dialoghi brevissimi a fronte di lunghissimi monologhi interiori. Il cast del film poi riunisce i nomi più importanti del cinema di Hong Kong del perido incluse alcune delle star più importanti di oggi, inevitabile ricordare l’interpretazione del protagonista ,il rimpianto Leslie Cheung, che unisce le storie e le battaglie in una sola sinfonia di emozioni e bellezza. Non si può dire di conoscere davvero il cinema di Hong Kong se non si è visto questo film.

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CANNES 08: " Indiana Jones and the kingdom of the crystal skull – Il regno del teschio di cristallo " di Steven Spielberg

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CANNES 08: " Indiana Jones and the kingdom of the crystal skull – Indiana Jones ed il regno del teschio di cristallo " di Steven Spielberg (Usa, 2008)
Recensione di Daniele Clementi

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Cominciamo subito a precisare che questa recensione non risparmia nulla, nemmeno il finale del film, qui viene ragionato ed analizzato tutto, quindi se volete vedervi il film si consiglia la lettura di questa recensione solo dopo la visione altrimenti saprete già tutto, se invece volete sapere tutto anche a discapito della mancata sorpresa finale allora buona lettura.

Esce dal cofano di un automobile sbattuto a terra come sacco di patate con il cappello che lo precede tutto stropicciato, come se alla fine Spielberg e Lucas avessero proprio fatto uno sforzo di volontà a rimettere in gioco per l’ultima volta questo eroe simbolo degli anni 80′. Le prime scene sono imprevedibili, volutamente concepite per fornire allo spettatore l’unico inizio improbabile che nessun blog o sito di fan potesse anticipare. Solo dopo qualche minuto cominciamo a realizzare dove ci si trovi e chi siano i personaggi che circondano Indiana Jones, siamo nel nuovo messico, ce lo dice l’insegna di un bar chiamato "Atomic cafè" ed è già la prima citazione, davanti a noi ed al protagonista abbiamo finalmente il famoso deposito che avevamo visto nel finale del film "I predatori dell’arca perduta" (citazione due) in cui veniva chiusa ed archiviata la potente arca dell’alleanza. Ammettiamolo: abbiamo sempre voluto vedere quel luogo in cui è logico presumere che si nascondano i più grandi segreti della storia non ufficiale dell’umanità, ed infatti veniamo accontentati, siamo in piena guerra fredda ed una squadra sovietica riesce a penetrare nel famoso deposito e tenendo in ostaggio il nostro archeologo lo obbliga a cercare una cassa in particolare. Lo spettatore è spinto a credere che si tratti dell’arca dell’alleanza ma invece si tratta di un altro prodigio raccolto in un certo posticino meglio noto come … Roswell ! Ebbene si, l’ultimo film della saga di Indiana Jones parla degli extraterrestri che giunsero sul pianeta terra prima fra i popoli maya e poi fra di noi (be almeno così dicono le leggende urbane !). Una mummia in metallo cela il cadavere di un alieno e per qualche motivo sconosciuto ed i comunisti, che in questo film sostituiscono i nazisti, voglione questa salma aliena. La cattiva di turno è una donna dai poteri paranormali che parla con il solito ridicolo accento russo ed usa la spada come arma preferita. Indiana Jones resiste alle lusinghe ed alle minaccie con una battuta che resterà alla storia : "I like Ike !" (citazione tre) e poi finalmente trova il modo per sfuggire dalle grinfie dei cattivi, inutile provare a riassumere le cose incredibili che succedonod entro a questo deposito , scene d’azione magnifiche ed originalissime che si concludo con la fuga dal deposito e l’apertura involontaria di una seconda cassa che contiene la storica arca del primo film (citazione quattro).

Nella fuga ci ritroviamo a bordo di uno strumento per testare la velocità dei futuri aerei da guerra ed il nostro eroe finisce in una cittadina finta abitata da manichini che sta per essere devastata da una bomba atomica sperimentale, si salverà nascondendosi in un frigorifero (citazione cinque). Mentre vediamo il nostro eroe malconcio ma vivo che guarda a distanza l’esplosione di una spaventosa atomica capiamo che questo film sarà diverso dagli altri, più politico, più colto ma anche l’ultimo, si sente e si vede e non solo dalle rughe ed i capelli bianchi del nostro eroe.

Prende così il via la nuova avventura priva del papà del nostro eroe, mostrato solo in foto, e del suo migliore amico Marcus, il famoso rettore dell’università che lo proteggeva sempre. Ora il nostro caro vecchio eroe è solo eppure qualcoisa di imprevedibile gli arriva addosso. Entra in scena un giovane motociclista, la sequenza in cui viene introdotto il personaggio di Shia LaBeouf è il rifacimento perfetto dell’entrata in scena di Marlon Brando nel film "Il selvaggio", tanto esplicita da far pensare che questo giovane attore americano sia destinato da chissà quali alte sfere a diventare divo a prescindere dalle sue qualità.

Nel corso della storia scopriremo che si tratta del figlio che Jones ha avuto con Marion, la protagonista femminile del primo film della serie. La ricerca questa volta è quella di un teschio di cristallo che non è un manufatto ma il vero cranio di un alieno da riportare in un tempio Maya perchè i suoi compagni possano ripartire dalla terra. Indiana Jones al servizio degli extraterrestri maya insomma che non viaggiano nello spazio bensì nello "spazio fra gli spazi". Così Spielberg è riuscito a mettere insieme le sue grandi passioni : avventura ed alieni ed a confezionare un kolossal che pecca solo nell’happy end finale, anche troppo melenso. Nonostante tutto una piccola scena che riguarda un certo cappello ci rassicura su un fatto: non ci saranno più seguiti e nessuno prenderà mai il posto di Indiana Jones/Harrison Ford. Ma sarà poi così vero ?

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CANNES 08: " Gomorra " di Matteo Garrone (Italia, 2008)

 

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CANNES 08: " Gomorra " di Matteo Garrone (Italia, 2008)
Recensione di Daniele Clementi

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Adattare il romanzo – inchiesta di Roberto Saviano non è cosa facile, già si sapeva e già erastato ampliamente dimostrato dallo spettacolo teatrale che forniva un risultato discontinuo rispetto alla secca tensione del libro. Matteo Garrone dopo molteplici stesure tenta la sfida e sviluppa con l’assistenza dell’importante documentarista italiano Pannone un film che rispetta i canoni del neorealismo di Rossellini e dimostra di avere appreso dall’evoluzione linguistica apportata dai film di Pier Paolo Pasolini e della coppia Ciprì e Maresco.

Sulla scena troviamo però solo una selezione (come già era avvenuto per lo spettacolo teatrale) dei personaggi ed dei relativi capitoli sviluppati da Saviano nel libro. Garrone sceglie di concentrare l’azione quasi totalmente in Campania e fatta eccezione per alcune scene girate a Venezia sembra voler costringere lo spettatore nella terra del clan dei casalesi, quasi volesse obbligare chi vede ad osservare quel microsistema che vive nel sistema più grande e determina le sorti di un intera nazione. Per uno spettatore del nord quella realtà sembra spesso estraniante, lontana, si fa fatica ad ammettere che gli eventi raccontati sono parte integrante dell’Italia di oggi e saranno senza dubbio determinanti pe il nostro futuro. Il film però è anche un evoluzione del discorso di Saviano, fra le chicche ci viene svelato il vero nome dell’attrice che indossa il vero abito confezionato in nero a Casal Di Principe e mostrato la notte degli oscar che fa da colonna portante dello splendido capitolo "Angelina Jolie". Toni Servillo si rivela perfetto per il ruolo dello stakeolder fino a ricordare il magifico Gian Maria Volontè, mancano invece fra gli altri l’episodio dei cadaveri cinesi al porto di Napoli e la splendida figura di Don Peppino Diana. Un film indispensabile che però potrebbe risultare difficile da decodificare per chi non ha letto il libro e non conosce già la storia, un adattamento parziale e volutamente incompleto come già era stato lo spettacolo teatrale che mantiene però il peso specifico della denuncia politica. 

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CANNES 08: " Filth & wisdom " di Madonna (Inghilterra, 2008)

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CANNES 08: " Filth & wisdom " di Madonna (Inghilterra, 2008)
Recensione di Daniele Clementi

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Diciamo la verità : sparare sulle performance cinematografiche di Madonna è sempre stato lo sport preferito di noi critici. In effetti bisogna anche ammettere che la pop star ha spesso prestato il fianco a questo sport. Forse anche per questo motivo il nuovo film ,che viene presentato in questi giorni al Market del Festival di Cannes senza grande pubblicità ed in massima riservatezza, è girato sotto il segno della prudenza. Madonna lascia le sue velleità di attrice e tenta la via della regia cinematografica girando un film di piccoli perdenti in cerca di fama e ricchezza, protagonista centrale della storia troviamo un rom che tenta la fortuna nel mondo dello spettacolo perseguendo la filosofia delle sue origini fino a "rubacchiare" brillantemente una poesia da uno scrittore non vedente e per sopravvivere si prostituisce e convince la fidanzata a diventare una ballerina striptease. Una favola amara di stampo etnico dove entrano in gioco anche indiani e afroamericani, poeti che hanno perso la vista e farmacisti arrapati. L’idea ed il caleidoscopio di personaggi sono di tutto rispetto ma le soluzioni narrative si rivelano talvolta ingenue e perfino maldestre. Se non fosse Madonna si dovrebbe parlare di un giovane filmaker con buone ideee, poca esperienza e scarsa professionalità, ma dato che si tratta di una famosissima pop star la voglia di infierire viene spontanea, per questa volta ci tratteniamo e guardiamo con curiosità e perplessità alla possibile nascita di un autrice cinematografica.

CANNES 08: " Tyson " di James Toback (Inghilterra, 2008)

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CANNES 08: " Tyson " di James Toback (Inghilterra, 2008)
Recensione di Daniele Clementi

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Il film biografico su Mike Tyson potrebbe far pensare almeno all’inizio ad un operazione simile a quella del prezioso e famoso " When we were kings " di Leon Gast. Dopo pochi minuti di immagini si capisce però che l’operazione ha un anima molto più promozionale e la natura sociologica e storica del film di Gast non si può paragonare a questo film che narra le glorie e la caduta di Mike Tyson cercando il più possibile di cancellare l’esperienza del carcere. Quindi quasi una ricostruzione su commissione in cui lo stesso Tyson fa moderatamente ammenda dei suoi errori e non si risparmia qualche battuta pesante su ex moglie, ex amici e pubblici accusatori. Un film che riesce comunque a far luce sulla figura di un pugile che resterà alla storia per il suo talento evidenziando le contraddiozioni ed i paradossi delle sue dichiarazioni in rapporto ai fatti. Un film minore però che non fa luce e non sembra poter essere la lettura definitiva per i posteri sul mito del pugile più temuto d’America.