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VENEZIA 2008: " Il seme della discordia " di Pappi Corsicato (2008)

MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA 2008

(c) Biennale di Venezia

 

" Il seme della discordia " di Pappi Corsicato (2008)

Recensione di Daniele Clementi

 

 

Siamo alla fine del Festival , potrei recensire con severità e cattiveria il film di Corsicato o addirittura sparando sulla croce rossa fare un paragone impietoso fra il film in questione ed il magnifico film giapponese " Ketto Takadanobaba " girato nel 1937 dal magistrale Masahiro Makino e presentato in versione restaurata pochi minuti dopo il film di Corsicato, ma sarei di una crudeltà inaudita.

Meglio scherzare, giocare con il concetto di recensione e con il concetto di film offrendovi una recensione evasiva in cui la mente ed il corpo del critico sottoscritto si separano e si confrontano su posizioni intellettuali e carnali. Buona lettura e Buon divertimento.

La mente:

Il film comincia con una lunga scena di gambe femminili, tacchi, sederi, andature provocanti che si fondono fra una pubblicità di collant, una scena da filmino sexy italiano anni 70′ ed un supposto sguardo almodovariano, un po troppo basso per essere veramente degno di questo termine.

Il corpo:

Però com’è bella Caterina Murino, protagonista del film, mentre leggiadra e sensuale come una pantera sui suoi tacchi a spillo avanza verso il suo negozio accendendo i sensi maschili più reconditi (magari pure i sensi di qualche spettatrice femminile … ben vengano anche loro).

La mente:

Fin dalle prime scene ci troviamo una sceneggiatura che cerca di emulare la forza delle battute dei film di Almodovar senza riuscirvi e a malapena si distacca ,in peggio purtroppo, dai dialoghi storicamente imbarazzanti di soap come "Un posto al sole".

Il corpo

Però com’è bella Caterina Murino con quei vestitini estivi leggeri attillati e dai colori vivaci, in cui le sue curve si liberano splendidamente.

La mente:

Lo spessore dei personaggi è minimo e la storia rasenta la linea dei vecchi film con Lando Buzzanca. Il "seme della discordia" è proprio il seme maschile che ingravida la povera Murino svenuta dopo un aggressione e che si ritrova a dover fare i conti con il marito Alessandro Gassman che ha appena scoperto di essere sterile, sorvoliamo sullo spreco di attori noti.

Il corpo:

Però com’è bella Caterina Murino mentre provoca inconsapevolmente i suoi futuri aggressori con la sua femminilità e la sua sensualità che dovrebbero sembrare spontanee ma sono forzate a vista d’occhio, ma pur sempre irresistibili per uno spettatore etero maschile in età sessuale attiva.

La mente:

Il film oltre ad avere una storiella esile e deboluccia è ricco di citazioni filmiche da Alessandro Gassman che lascia la moglie incinta di chissà chi parafrasando la battuta di Clark Gable a Vivien Leigh in "Via col vento", alla caduta di una carrozzina da neonato piena di prodotti "Chicco" appena acquistati dalla mamma della protagonista e scagliata da quest’ultima da una rampa di scale emulando la gloriosa sequenza della "Corazzata Potëmkin", fino alla donna che danza scalza sul bancone di un bar indossando solo un costumino di paliette dorate che evoca fortemente Barbara Bouchet nel film di Fernando Di Leo "Milano calibro nove". Un Corsicato che rasenta Tarantino, non potendosi discostare troppo però da un Almodovar che certamente con film simili non potrà mai raggiungere.

Il corpo:

Però com’è bella Caterina Murino mentre sogna nuda di avere un orgasmo e sempre in sogno si vede ricoperta di bianchi gigli nelle parti più intime come l’adolescente dei sogni di Kevin Spacey in "American beauty", ma li erano petali di rosa ed un film dallo spessore ben maggiore, una citazione però più volgarotta dell’originale e meno contestuale… mmm la mente sta prendendo il sopravvento sul corpo …

La mente:

Il film pare più un gioco di scrittura che una storia vera e propria, un filmetto senza tante ambizioni e giocato sull’estetica e sull’erotismo misto a comicità che però non tappa i buchi del racconto, in effetti da un uomo che in passato aveva lavorato con Almodovar in "Legami !", portato la sua opera prima a Berlino (Libera – 1993),richiamato l’attenzione a Venezia nel 1995 con "I buchi neri" (film che aveva portato in giro per il mondo), presentato i suoi video alla Tate Modern ed al Centro Pompidou,messo in scena al San Carlo di Napoli la "Carmen" e proposto una versione stimolante della "Voce umana" di Cocteau ci si aspettava qualcosa di più di una cazzata erotica da arena estiva di ferragosto.

Il corpo:

Però com’è bella Caterina Murino con il suo piccolo accappatoio verde che mostra le lunghe e lisce gambe, o quando seduta sull’alfetta provoca Gassman quasi come farebbe una stellina dei film di Brass … no, basta, anche Brass, non riesco proprio. La Murino è bella ma la Bigelow con il suo cervello, il suo sguardo pungente ed il suo carattere registico di ferro è meglio, si meglio un cinema di cervello che un film di erezione adolescenziale.

Clicca qui per leggere la recensione di Antonella Mancini sullo stesso film

VENEZIA 2008: " Il seme della discordia " di Pappi Corsicato (2008)

MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA 2008

(c) Biennale di Venezia

 

Note da VENEZIA
di Antonella Mancini
 

" Il seme della discordia " di Pappi Corsicato (2008)

 

 

Mi sto ancora chiedendo se Corsicato abbia voluto fare sul serio oppure prendersi gioco della commedia rosa, o pigliare per i fondelli lo spettatore. Forse tutte e tre le cose insieme? Come che sia, fallisce in tutte e tre, dandoci quello che in assoluto non esito a ritenere il più brutto film, fra quelli visti, di questa già brutta 65° rassegna veneziana. Ed è talmente brutto, talmente malfatto, talmente sbagliato che, una volta rassegnati all’evidenza e stabilito, vuoi per pigrizia, vuoi per masochismo, di non scappare dalla sala, si finisce per entrare nello spirito del film e tirar via qualche risata alle spalle del regista e forse anche qualcuna da lui  prevista.
La storia narra di una bella figliola (Caterina Murino), piena di iniziative e di vitalità, che scopre in contemporanea e di essere incinta e di avere un marito sterile (Alessandro Gassman). No, non è come malignamente state pensando, perché la signora non ha mai tradito il marito, che invece non se lo fa dire due volte per lasciare quel fiore incompreso e trascurato di moglie e darsi invece alle sue grasse e sfiorite amanti. Il mistero di tale controversa gravidanza verrà sciolto dalla stessa protagonista, trasformata in detective in una parentesi noir di questa vicenda rosa; e tutto finirà per il meglio. Non dico altro per non rovinare il piacere e la suspence, caso mai qualcuno si volesse così tanto male da prendersi la briga di andare a vedere il film.
E’ un soggetto che nelle mani di Almodovar potrebbe strappare il capolavoro. Corsicato assuma fra i suoi modelli anche Almodovar, però non è Almodovar, con risultati prevedibilmente disastrosi. Si possono imitare molti generi cinematografici, magari originandone di nuovi oppure facendo dei modesti cloni. Nel nostro caso il richiamo inevitabile va al porno prima maniera (vedi caso lo stesso genere da cui proviene Almodovar), di cui il film di Corsicato profonde a piene mani non pochi ingredienti: attori che visibilmente non sanno recitare (ma forse è fatto apposta), né spogliarsi, né eccitare veramente; cattivo gusto, allusioni, doppi sensi; volgarità diretta e dichiarata ma incapace di ferire o seriamente violare. Persino You Tube ci ha abituato a ben altro.
Alcune chicche: già il titolo è un programma perché gioca sul doppio senso: qui il seme non è metaforico ma reale (ahi noi). La gitarella domenicale con foratura di gomma, marito che la cambia e moglie che inganna il tempo semisdraiata sul cofano dell’Alfa Romeo spyder con le gambe all’aria stile pubblicità anni ’60 (segue sveltina tra i campi). Il concepimento rappresentato da una miriade di fiori di giglio (giglio!) che uno per uno vanno a coprire le pudenda del corpo nudo della protagonista addormentata. La capigliatura romanticamente dilatantesi sul cuscino a mo’ di onde, mentre la cinepresa indulge, sempre sul di lei corpo nudo, adesso fasciato da cafonissime lenzuola di seta azzurra. La citazione dalla mai lasciata in pace la corazzata Potëmkin, con tanto di carrozzina piena degli acquisti fatti per il futuro pupo dalla nonna e spinta giù per le scale di un improbabile centro direzionale dalla stizzita protagonista. La generosa profusione di culi e di tette “ti vedo non ti vedo” che invadono lo schermo a più riprese senza tuttavia mai concedersi. L’ostentazione della cretineria dei personaggi femminili (cast di tutto rispetto) che rimanda a veline e letterine per dirci non si sa bene cosa, ma che serve a sottolineare per contrasto la purezza gigliacea e il tormento interiore della peraltro già scollacciata protagonista. La quale, così abbigliata e con vertiginosi tacchi a spillo gira incautamente di notte per una città deserta e ricca di bui anfratti, incurante – beata ingenuità – di quelli che potrebbero essere (e lo saranno: Corsicato non ci fa mancare niente) incontri fatalmente pericolosi.
Ho sentito dire da qualche parte che il film vorrebbe affrontare in maniera “leggera” temi sociali di fondo quali l’aborto e l’inseminazione artificiale e suscitare un dibattito in proposito. Mi tocco per vedere se esisto. 

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