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Conferenza: Welcome to Twin Peaks

Martedì 13 marzo
21.30 Teatro Charitas di Chiavari, via Marana 8
FRAMMENTI : Schegge di Cinema – seconda edizione –

WELCOME TO TWIN PEAKS
Conferenza a cura di Daniele Clementi

Che cosa è stato "Twin Peaks" ?
Come ha cambiato il gusto del pubblico e gli strumenti espressivi degli autori ?
E se questo non bastasse …
La loggia nera, la loggia bianca, Bob, l’uomo senza un braccio, la signora ceppo e Laura Palmer.
Il Circolo del Cinema Dodes’ka-den vi invita ad una serata conferenza sulla popolare serie che rese David Lynch leggedario e che tenne con il fiato sospeso milioni di spettatori. La serie televisiva che ha cambiato la storia dei Media. I significati, i simboli e le influenze che condizionarono le nuove generazioni di autori
raccontate in pubblico insieme a musica e immagini. In una sola notte ricostruiremo il mito, analizzeremo l’opera e cercheremo di fornire una lettura completa di un fenomeno che ha cambiato per sempre il
linguaggio visivo contemporaneo.

E… ricordate … c’è sempre tanta musica nell’aria …

Ricordiamo (per chi non è ancora socio) che la tessera non può essere attivata la sera di proiezione con il biglietto d’ingresso.
SI PREGA PERTANTO DI TESSERARSI PRESSO I SEGUENTI LOCALI :

VIDEOTECA WONDER VIDEO LE CINEMA
Viale Kasman 3, Chiavari.
Dal lunedì al sabato 11.00 -13.00  –  16.00 – 20.00

ZUCCHERO AMARO
Via Entella 205, Chiavari.
Dal lunedì al sabato 09.30 -12.30  –  15.30 – 19.30
Chiuso lunedì mattina.

Dossier Monteiro (Seconda parte : dal 1995 al 2003)

IL DOSSIER MONTEIRO

Seconda parte : dal 1995 al 2003

A cura di Daniele Clementi

 

LA COMMEDIA DI DIO

Portogallo, Francia, Italia 1995, 170 minuti

Il grande ritorno di João de Deus. Questa volta troviamo il nostro immancabile eroe alle prese con una gelateria e con il ruolo di grande inventore di nuovi gusti. Il suo capolavoro si chiama "Gelato paradiso" ed è fatto con ingredienti molto … molto particolari. Non manca inoltre la sua più grande passione: la collezione di peli pubici femminili che lui chiama "libro dei pensieri".

Probabilmente è il più famoso film della carriera di Monteiro. Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.

Voto finale : 8 (João il leggendario colpisce ancora !)

 

LE BASSIN DE J.W.

Portogallo 1997, 134 minuti

La traduzione letterale del titolo sarebbe : "Il bacino di John Wayne", il film è una commedia simbolica e profana sulla religione cattolica.

Dio e il diavolo si ritrovano catapultati nel mondo reale a causa di una performance di Strindberg e si reincarnano in due figure insospettabili. Il diavolo prende il nome di "John di Dio", mentre Dio si tramuta nel marinaio avventuriero Henrique, che considera il bacino di John Wayne l’epitomo della divinità.

Cosa diavolo sto scrivendo ? Cari signori queste sono le cose più razionali che ricordo di tutto il film !!!!!

Vincitore del premio FIPRESCI al festival di Mar del Plata.

Voto finale : 8 (João il pazzo stordisce e incanta !)

 

LO SPOSALIZIO DI DIO

Portogallo, Francia 1998, 150 minuti

Tutto sembra perduto per João de Deus quando in un freddo parco incontra un Messaggero di Dio che gli dona un cofanetto ricolmo di denaro. Mentre João sta contando il denaro, sente cadere un oggetto pesante nelle acque del vicino fiume: una giovane sta annegando. João si getta nel fiume e conduce l’inconscia fanciulla in un convento, dopodiché torna nel parco per recuperare il suo cofanetto con il prezioso contenuto: fortunatamente niente è stato toccato…

L’ultima grande avventura di João de Deus. Presentato al Festival di Cannes 1999 nella sezione "Un certain regard".

Voto finale : 8 (João il leggendario nella sua più incredibile avventura !)

 

BRANCA DE NEVE

Portogallo 2000, 75 minuti

Il film, folle e sperimentale, è tratto dal racconto "Snow White" di Robert Walser. La storia comincia dove finisce l’originale Biancaneve dei fratelli Grimm. In sostanza la storia racconta la diSperazione erotico nevrotica del principe azzurro che tenta in ogni modo di possedere carnalmente l’amata Biancaneve, tra un problema politico e l’altro… è sempre più duro essere un principe !

Il film è quasi completamente privo di immagini, per la maggioranza del tempo la pellicola contiene solo la recitazione audio degli attori (più che un film è un radiodramma) con alcuni rari momenti di immagini di natura morta, alla fine compare Monteiro che muove le labbra per dire allo spettatore qualcosa di incomprensibile. Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 2000 nella sezione "Nuovi Territori".

Voto finale … (no, caro João … niente film … niente voto !)

 

VAI E VEM

Francia, Portogallo 2003, 179 minuti

Entra in gioco un nuovo personaggio: João Vuvu (sempre interpretato da Monteiro). Un vedovo senza vive da solo in una grande casa vuota in una vecchio quartiere di Lisbona. il vecchio João non è molto socievole e ogni prende il bus numero 100 cercando di fare esattamente gli stessi passi e gli stessi movimenti. L’uscita dal carcere del suo unico figlio scatenerà in João nuove pulsioni e perversioni portandolo alla perdizione ed alla criminalità. In una scena João lava il pavimento con una vecchi spazzola imbevuta di acqua e sapone mentre un grammofono trasmette l’intera versione originale di "bella ciao", João si limita a cambiare la velocità dei suoi movimenti a seconda del ritmo della canzone. Alla fine il nostro povero eroe morirà per la penetrazione anale di un enorme fallo di legno indossato da una donna africana, la nudità scheletrica di Monteiro era davvero terribile in quella scena.

Voto finale: 8 (Monteiro raggiunge, e forse supera, il confine fra creatività artistica e follia … non è un film per tutti.)

Presentato al Festival di Cannes 2003 nella sezione "Un Certain Regard".

 

João si spegne prima dell’inizo del montaggio di "Vai e vem", perdiamo così un grande anarchico del Cinema ed un geniale poeta dei nostri tempi.

FILMOGRAFIA DEI CORTOMETRAGGI

1968 – Sophia de Mello Breyner Andersen

1971 – Quem Espera por Sapatos de Defunto Morre Descalço

1975 – Que farei com Esta Espada?

– Amor de Mãe

1978 – O rico e o pobre

– O amor das tres Romas

– Os Dois Soldados

1995 – Passeio com Johnny Guitar

– Lettera Amorosa

– O Bestiário

 

 

 

" Inland Empire " di David Lynch (2)

" Inland Empire " di David Lynch

Intro-Recensione di Daniele Clementi

Entrare nella mente di qualcuno è sempre stata una cosa interessante, il Cinema ci ha regalato più volte tentativi di invasione mentale ma con risultati spesso discontinui. Lynch è da sempre un "Mind Stalker", ogni suo film obbliga lo spettatore a sostenere la cara vecchia "Quest for …" ma rispetto a molti suoi insigni colleghi Lynch lo fa spesso rifiutando la struttura canonica e costringendo lo spettatore a mettere duramente alla prova il proprio intelletto, un gioco che nel caso di questo autore è sempre valso la candela.

Chi ha seguito in televisione "Twin Peaks" ha imparato che non ci si addentra nelle loggie nere del proprio inconscio senza qualche rito preliminare e che ogni viaggio presuppone l’uso di oggetti simbolici che possano in qualche modo tornare utili per il ritrovamento della strada di casa. Chi ha visto e capito "Lost Higway" ha imparato che una faccia è solo una faccia, un corpo è solo un corpo così come una voce o un nome e che la loro esistenza non presuppone necessariamente che possano esistere reali differenze fra un personaggio ed un altro. Chi ha visto e capito "Mullholand Drive" ha imparato che seguire il protagonista nel suo viaggio non significa necessariamente affidarsi alla figura più lucida e sicura del racconto e che la stessa empatia con il protagonista può determinare lo smarrimento irrevocabile dalla traccia del film, l’unica certezza in un viaggio "dentro" guidato da David Lynch e la violenta imposizione del suo punto di vista, unica certezza, unico punto di riferimento per sfuggire alle trappola rumorose e luminose con cui saremo bombardati. State sicuri che Lynch vi aggredirà con la stessa violenza psicologica con cui un torturatore infierisce sul torturato. State sicuri che le sue immagini vi esploderanno nel cervello con il preciso scopo di stamparsi nell’ inconscio per poter venire fuori quando meno ve lo aspettate, ma niente paura, il massimo che vi potrà succedere è di uscire dal cinema marchiati dal mondo di Inland Empire, tutto sommato poteva andarvi peggio. Potevate restare volgarmente estasiati dalla spazzatura ben confezionata di "MANUALE D’AMORE 2", o dalla violenza del patetico di "LA RICERCA DELLA FELICITA’" di Gabriele Muccino, o peggio ancora dal totale azzeramento della realtà imposto dall’offensiva dolcezza sintetica di "LA NOTTE PRIMA DEGLI ESAMI 2". No, meglio la violenza di Lynch, meglio la sua cattiveria, la sua follia la sua sfrontata manipolazione della buona fede dello spettatore, ben più onesta di altre perchè priva di segni lobbisti come le grandi marche commerciali che si insidiano fra i fotogrammi dei film italiani o filoitaliani che ho precedentemente citato, meglio il marchio di Lynch che almeno è il marchio di un artista e non di una multinazionale, siamo più liberi di reagire, più capaci di scappare, più consapevoli.

Entrare nella mente di qualcuno è sempre stata una cosa interessante, ma per farlo bisogna spaccare la barriera con un urlo, una violenza di colore o il fragore improvviso di un tuono metallico amplificato oltre il possibile dalla fredda tecnologia digitale, senza la spaccatura non c’è nascita e dunque non c’è inizio, questo richiede l’atto del dolore, della nascita del figuro di cui abbiamo bisogno perchè l’immagine narrata abbia il suo senso, fatto questo il resto è delirio, il delirio matematico di un regista clinico che sa come iniziare, proseguire e finire il suo racconto, che vuole sviare ed "esorbitare" lo spettatore dalla sua posizione fino all’ultimo frammento di fotogramma. Unica certezza vendibile per pietà dello spettatore è garantirvi che tutto ha un senso, che tutto è siginficante di un messaggio e che non siamo fuori dalla storia (troppo comodo, cari ragazzi!) ma dentro la storia, anzi di più è la storia che è dentro di noi e se la vita non ci ha insegnato a leggere "dentro" la nostra storia, la storia di Lynch non la leggeremo mai e vagheremo per sempre dentro l’amnio di un oscuro inter-regno a Inland Empire.

… il viaggio continua la prossima settimana.

" Inland Empire " di David Lynch (1)

" Inland Empire " di David Lynch

(Non)Recensione di Livia Romano

Quando un comune mortale, si trova catapultato(ovviamente per sua sponteanea volontà) nell’universo(ma potremmo anche dire inferno) lynchiano sa già a priori (almeno questo vale per me) che ne verrà travolto in ogni modo, sa già che per almeno una settimana alcune immagini, alcuni pezzi di quel grande puzzle schizzofrenico gli ritorneranno continuamente alla mente…e cercherà in ogni modo di rintracciare una unitarietà, una organicità che rimetta tutti i pezzi al posto giusto, in un ordine cronologico o logico.Ma sono proprio queste le coordinate che non esistono nei film di Lynch, o meglio che vengono completamente stravolte al punto tale che tutto può essere, come anche no.
In Inland Empire questo suo vorticoso meccanismo è portatato all’estremo: tutto ciò che è non è, e ciò che non è, in realtà è o potrebbe essere. Un magma di scenari, volti, sparizioni, s’accavallano freneticamente, tanto da cancellare quella unica e chiara distinzione che ci viene proposta sin dall’inizio del film: da una parte c’è la vita della nostra protagonista Susan Blue, ricca (a quanto sembra dal salotto in cui ospita la nuova vicina di casa allucinata) e dall’altra Nikky Grace, il personaggio del film che lei interpreta, un film che non è mai stato finito perchè i due protagonisti sono stati assasinati.
Tra queste due "vite", il confine diventa sempre più labile e intricato, a questo gioco del doppio e dell’ambivalenza (molto caro al regista, infatti è ben evidente in Mulholland drive), si andrà presto a mescolare una terza vita quella della protagonista del film del passato, ora spettatrice in lacrime davanti a un televisore dal segnale disturbato, ora ragazza pugnalata con un cacciavite e ancora a quella di nove "muse" un pò amiche, un pò prostitute. Ma facciamo un passo indietro..il film inizia con il dettaglio di un disco che gira su un giradischi (ancora una volta l’amore di Lynch per oggetti meccanici che ci ricorda la sigla di Twin Peaks), ebbene al nostro regista piace confonderci ma anche darci alcuni indizi, alcuni segni di interpunzione, infatti, secondo me, è proprio con la riproposta di questa immagine che il film comincia a degenerare.Tengo a precisare che sin dall’inizio nulle è chiaro, infatti abbiamo due personaggi oscurati in volto (tipo candid camera, per intenderci) che si trovano in un salotto e parlano una lingua straniera. Salotto che tra l’altro la ragazza, forse una prostituta, non riconosce.
Il gioco incessante di richiami e sensazioni di déjà Vu ti accompagnano per tutto il film, un momento facendoti credere d’aver intuito qualcosa, un altro sbalordendoti con colpi di scena, balletti improvvisi, dissolvenze incrociate anomale e sparizioni (proprio alla Meliès). Il tutto condito a inquadrature insolite, sempre inclinate,tagliate o leggermente sfocate:interrotte, come anche tutti i dialoghi. Continue metamorfosi spaziali, fisiche e anche sociali(la nostra protagonista è ora attrice, ora prostituta, ora donna pettinata e benestante,..). Laura Dern si dimena in un labirinto di numeri e scritte che continuamente si richiamano l’un con l’altro, come anche gli squilli del telefono che repentinamente Lynch usa per confonderci o per aiutarci a seconda del percorso da noi intuito.
Certo è che nessun segno, nessun punto è mai certo, tutto è continuamente messo in discussione e nulla può essere detto "realtà".Come una spirale dove tutto gira e viene inghiottito, così è la dialettica delle immagini(caricate qui, in particolare, anche di un certo peso META-cinematografico).Non c’è staticità,
punto fermo, tutto è deframmentato, il tempo stesso, divoratore e gerarca assoluto, non ha più una sua logica, un suo tempo. Lo scandire è dato dai rintocchi della mente e dalle sue continue metamorfosi, dal suo incessante dilatarsi.
E come già ben sapevo da quando mi sono accomodata in poltrona, il finale nè chiude nè apre il film, la chiave risolutiva (sempre che esista) non poteva essere lì…..è per questo che esci dal cinema con quella sensazione di stordimento e insieme d’odio per non aver capito niente (perchè comunque ti manca sempre un tassello, un passaggio) che non può che farti esclamare "Lynch è un mostro, è follia e metodo…è PAN!

" Inland Empire " di David Lynch (0)

"Inland Empire" di David Lynch

Pre – Recensione di Daniele Clementi

Naturale prosecuzione della recensione "classica" di "Arthur e il poplo dei minimei" di Luc Besson e naturale prologo della Non – Recensione di "Inland Empire" di David Lynch.

Non dispiace mai parlare di film come "Inland Empire" in questo blog. Questa storia è una classica storia atipica in quanto simile ad una minoranza sommessa di altre storie devote al movimento surrealista ed al leggendario "chien andalou" di Bunuel e Dalì, ma contemporaneamente orignale ed innovativa rispetto a quelle storie classiche irrimediabilmente identiche a tutto ciò che l’uomo ha concepito in precedenza, questa non è semplicemente una anti-storia, ovvero la sintesi di una rivoluzione antistrutturale più grande, capace con la sua onirica anarchia di disturbare lo spettatore meno abituato e quindi omologato alla vecchi maniera di raccontare storie che ci ostiniamo a voler sentire raccontate dalla nostra nascita fino alla nostra morte. Questa storia è invece la storia che si oppone alla "vecchia storia" senza mai batterla ma pronta ad ostacolarla ed il campo di battaglia di questo conflitto è lo spettatore di sempre. Lo spettatore che vuole qualcosa "di classico" che cambi l’aspetto degli eroi solo per quella sufficienza che consenta di non riconoscere troppo la "solita storia" che vuole in realtà sentire raccontata in eterno. Lo spettatore è contento di vedere i suoi eroi con una faccia nuova ma sempre uguale, quello spettatore che si compiace di scoprirsi così bravo da capire il finale e da sapere cosa succederà, ma al tempo stesso che necessita di "cosine nuove", dettagli e piccole sorprese che rendano la storia almeno nuova nella sua confezione estetica. Perchè in fondo ma proprio in fondo, nascondendolo anche a se stesso, lo spettatore di questo genere sa che la cara vecchia storia che gli raccontano dai tempi delle fiabe è ancora tutta li, scritta come sempre, uguale a se stessa. Cari miei, non sarò io a toccare la più classica delle storie ma non vi nasconderò che proprio di quella storia si tratta, si proprio quella che tanto volete / vogliamo sentire.

Se andrete a vedere questo film, non troverete la storia che volete, la storia che tutti vogliono non ci sarà, con le sue regole e di suoi personaggi, non la troveremo lì, non sarà con noi e non ve la godrete, sorprendendovi di sapere così bene come andrà avanti. "Inland Empire" è la storia "dentro", quel "dentro" che non vogliamo vedere di noi stessi e quindi figuriamoci di un altro, "Inland Empire" è la storia da cui fuggiamo ogni giorno guardando la storia delle storie che ci tranquillizza come le coccole di una mamma.

La recensione non finisce qui, è appena cominciata, anzi introduce la Non Recensione di Livia (che pubblicheremo domani) e proseguirà ancora in tante altre simil-meta recensioni sullo stesso film, perchè recensire e basta "Inland Empire" sarebbe come rinnegare il fine ultimo della sua esistenza: riaccendere i cervelli assopiti da schemi tanto antichi quanto rassicuranti.

Il viaggio è iniziato benvenuti a Inland Empire.