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“LFO” di Antonio Tublén, Svezia/Danimarca (Torino 2013)

L’acronimo LFO significa “Low Frequency Oscillator” ovvero “Oscillatore a Bassa Frequenza”, nella fantasia della storia del film questo oscillatore riesce a generare un’onda sonora in grado portare immediatamente un’essere umano in stato ipnotico e conseguentemente di manipolarlo a qualsiasi scopo, dal più nobile al più meschino. Il protagonista della storia, omicida volontario ma mai scoperto di sua moglie ed involontario di suo figlio, fra un’allucinazione e l’altra riesce a scoprire l’onda che consente la manipolazione mentale ed usarla a suo piacimento fino ad essere pubblicamente riconosciuto dall’intera popolazione umana come Dio. Scritta così può sembrare una cosa un pò stupida, ma in realtà il regista  Antonio Tublén riesce a rendere credibile l’incredibile fino al punto di regalare al pubblico un film di altissimo livello drammatico con tratti di humor crudele molto ben calibrati ed una serie di trovate geniali per dare spessore e conflitto ai suoi personaggi. La psicologia di ogni singolo personaggio della storia sono resi in modo esemplare, la messa in scena è gelida, caustica e trascinante e la scelta di ambientare tutto il film in poche stanze di una casa si rivela meravigliosa per la resa dell’atmosfera oltre che per evidenti ragioni di spese. Un’ottimo film dall’idea originale e coinvolgente che diverte ed apre indubbiamente la possibilità di un dibattito interessante sulla manipolazione di massa, il regista è una vera promessa per il cinema europeo del futuro.

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