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Venezia 2010: "Post mortem" di Pablo Larrain

Venezia
Pablo Larrain racconta il golpe in Cile attraverso gli occhi di un funzionario dell'obitorio di Santiago, il cui incarico è quello di trascrivere i rilevamenti del medico legale durante le autopsie. La vita di Mario, protagonista del film, è semplice e monotona, colorata solo dalle fantasie che rivolge alla sua vicina, ballerina di un teatro di periferia. Ogni giorno Mario attraversa le strade di Santiago ed impassibile osserva i moti dei giovani socialisti che inseguono il sogno di Salvador Allende, non li appoggia ma nemmeno li rifugge, si limita ad osservare la realtà così come si limita verbalizzare le autopsie dei cadaveri.
 Mentre il Cile va a rotoli, Mario realizza il suo sogno erotico con la vicina ma poche ore dopo ha inizio il colpo di stato e la donna e la sua famiglia vengono aggrediti dall'esercito fedele a Pinochet, Mario non è più spettatore indifferente della brutalità del golpe, il posto di lavoro si riempe di cadaveri, perfino di un sopravissuto che Mario cerca di salvare portandolo in ospedale, solo per rivederlo il giorno dopo, definitivamente morto ed ammassato a fianco dell'infermiera che lo aveva accolto al pronto soccorso. Il film non mostra mai la brutalità del colpo di stato attraverso gli atti diretti del golpe, Mario arriva sempre pochi minuti dopo gli avvenimenti, ne esplora e testimonia solo le conseguenze, sono i cadaveri che insegnano a Mario la storia della sua dittatura, i corpi abbandonati come documenti scomodi nell'obitorio che ogni giorno aumentano ammucchiandosi sui tavoli, nei corridoi e perfino sulle scale. L'apoteosi della brutalità del golpe sarà vissuta dal protagonista attraverso la verbalizzazione dell'autopsia del cadavere di Salvador Allende, in una sequenza terrificante ma efficace in cui viene sintetizzata la mostruosità di un regime. Pablo Larrain mostra però anche l'incapacità da parte dei movimenti socialisti di creare un reale contatto umano con il cileno medio, lasciandolo in balia degli eventi. Così come Mario vaga per strade circondate da auto in fiamme e corridoi lastricati da cadaveri, Mario cerca di proteggere e salvare la sua vicina, nascosta nella cantina di casa, prova a modo suo e totalmente da solo a contrastare il potere, ma l'onda rivoluzionaria socialista è in fuga , nascosta nella "cantina del Cile" e sgli uomini come Mario sono soli contro il regime di Pinochet, Mario scoprirà infine che la sua amata, per cui sta rischiando la vita nasconde un secondo amante nella cantina, un tradimento che non è solo di una coppia ma di un paese intero, sedotto ed abbandonato dai valori socialisti. Larrain è forse il primo regista cileno ad unire il tema della dittatura con temi più psicologici ed interiori, il film tratta con coraggio del tradimento ideologico della sinistra che si rivela prima un ideale a cui ispirarsi e dopo un ambiente narcisista, compiaciuto, indifferente ai bisogni della gente ed egoista, per la prima volta un regista accusa la sinistra cilena della venuta di Pinochet e forse in questo fa da insegnamento anche per la sinistra italiana, che si porta in gloria una buona parte di colpa per la venuta di Berlusconi. 
Daniele Clementi