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La democrazia? Lars Von Trier e M. Night Shyamalan, passando per i capelli rossi. (2)

Seconda puntata – Manderlay e la comunità schiava. scelta o paura di scelta?

Seconda opportunità, andiamo a Manderlay (2005), Alabama, e proviamo con una comunità nera, di ex schiavi. E’ sempre Grace la protagonista, è sempre rossa di capelli ma non è più Nicole Kidman, ora è Bryce Dallas Howard (la figlia di Ron Howard, il Ricky Cunningham di Happy Days, ricordate?). La vediamo nella Cadillac del padre (Willem Dafoe), davanti al latifondo interamente recintato dove Grace scopre che la schiavitù, seppure abolita da anni in America per legge, in quel posto dimenticato da Dio e dagli uomini (si fa per dire, in fondo, tutto il mondo intero, mi risulta “dimenticato da qualsiasi Dio”) continua invece ad esistere. Siamo ancora in una scenografia teatrale, anche se si è fatta appena più ricca, più complessa, più strutturata. E’ proprio Grace a decidere di rendere la libertà agli schiavi, a creare ex novo una democrazia, nonostante il padre tenti di dissuaderla ricordandole che da bambina aveva voluto liberare il canarino in gabbia, nonostante tutti le consigliassero di non farlo, lei lo aveva fatto ugualmente ed il giorno dopo lo avevano trovato morto sotto la finestra. Ma Grace è testarda e resta a costruire, da mentore e da partecipante, la nuova democrazia.
I vecchi padroni bianchi, per contratto, diventano servi, i vecchi schiavi proprietari, ma non sono né in grado di misurare il tempo, né di prendere decisioni per ristrutturare le proprie case o mandare regolarmente avanti, come avevano fatto per anni da oppressi, la piantagione di cotone che gli ha sempre dato da vivere. Grace si rimbocca le maniche ed inizia a tenere le sue “lezioni” di democrazia, si esprimono pareri ed idee, si vota a maggioranza e la maggioranza decide. Scopre un libro, vergato a mano e conservato dalla vecchia padrona ormai morta, la Legge di Mum, in base al quale gli schiavi vengono tenuti nella più totale sudditanza psicologica, e nel quale vengono anche definiti e suddivisi in 7 categorie caratteriali e comportamentali. La comunità si trova, tra l’altro, davanti alla sua prima, grande decisione, l’istituzione o meno della pena di morte per colei che è considerata, seppure indirettamente, responsabile della morte di una bambina. E la maggioranza decreta per la pena di morte, non ci sono alternative, né perdono. Grace, la portatrice della democrazia, deve accettare la decisione e si fa anche carico dell’esecuzione materiale della vecchia. Il raccolto arriva, ed anche l’incasso della vendita del cotone, ma… anche qui c’è un ma. I soldi spariscono, la comunità non ha più nulla. Ma Grace viene a sapere per vie traverse che è stato uno dei negri, proprio quello per il quale lei provava una irrefrenabile attrazione, proprio quello con cui aveva avuto un brutale amplesso la notte prima, che ha giocato, e perso, tutto l’incasso al tavolo da gioco.
Grace decide di andarsene, ha fallito, il padre passerà alle Otto in punto con la sua Cadillac, e la attenderà solamente un quarto d’ora. Ma la comunità ha preso un’altra decisione per lei, perversamente usandole contro la stessa democrazia, sovrana, da lei appresa. Non sono in grado, gli dicono, di vivere da uomini liberi, sono nati schiavi e moriranno schiavi, tornerà pertanto in vigore la Legge di Mum, ed in un’epifania improvvisa e dolorosa scopriamo addirittura che è stato proprio il più anziano dei negri a vergarlo di proprio pugno (uno splendido Danny Glover), ma hanno bisogno di una nuova padrona che la eserciti e questa padrona sarà proprio Grace, volente o nolente. Grace è accerchiata, decide di fingere, di assecondare la decisione ed usa la frusta, con cui punisce violentemente il suo amante, responsabile del furto, e del naufragio della sua “creatura” democratica, diventando per un attimo padrona incontrastata dei corpi, e delle menti, dei propri schiavi, poi, vedendo una via di fuga, corre al cancello a cercare il padre, ma lui è già andato via. Il quarto d’ora previsto è già trascorso, il tempo, a Manderlay, era solo un’approssimata convenzione. Fugge a piedi, dall’orrore che lei stessa ha contribuito a creare, inseguita dai negri con le fiaccole accese… Sui titoli di coda scorrono le immagini, documentarie, della storia dei neri d’America, dalle manifestazioni pro e contro i diritti dei neri, al Ku-Klux-Klan, ai ghetti, alle impiccagioni, alle violenze, alla miseria di oggi, alle armi, ai pestaggi, alle guerre di presidenti democratici e repubblicani su su fino all’Iraq, l’ultima immagine è dedicata ad un negro che, con un bastone ed uno straccio, pulisce il volto della statua di Abraham Lincoln.

Anche questo esperimento è fallito. A fronte dell’ottenimento di libertà ed uguaglianza, c’è sempre qualcuno che cerca di fregare tutti gli altri, accaparrando tutto per sé e per giunta facendone un pessimo uso (e magari questo ci ricorda qualcuno di molto più vicino a noi, nel tempo e nello spazio). Le comunità americane, secondo Von Trier, bianche o nere che siano, hanno fallito. Non a caso l’ambientazione temporale è quella degli Anni Trenta, è il passato, ma forse non lo è. Una nascita “corrotta” porta con sé una crescita “corrotta”. Gli uomini sono troppo stupidi, o troppo meschini, per realizzare e mantenere una democrazia. Almeno in America. E ancora un’altra Grace, ancora con i capelli rossi, fa da “oggetto estraneo” nella comunità nera. Nessuno la perseguita e la tocca in questo secondo film, ma è solo un’apparenza, perché la violenza che subisce è ancora più grande, più plateale, è la violenza al concetto stesso di democrazia, di cui lei si fa portatrice, meglio, che lei stessa rappresenta. L’estranea, in questa comunità nera, è la democrazia stessa, pervertita al punto da farla divenire essa stessa schiavista, essa stessa, nell’esecuzione della vecchia negra, portatrice di morte (come di fatto accade, tristemente, anche nella realtà). Quelle frustate, disperate, che precedono la fuga del finale, ne sono l’emblema: niente uguaglianza, nessuna conquista dei diritti, nessuna libertà, la democrazia americana schiavizza ed opprime se stessa, per libera scelta.
Con una fuga inizia il primo film, con una fuga termina il secondo. Sembra che ci rivedremo a Washington, il terzo film della trilogia che Von Trier ha intenzione di chiudere per il 2008, le cui anticipazioni ci dicono che ci saranno entrambe, la vecchia Grace, Nicole Kidman, e la seconda Grace, Bryce Dallas Howard. Ma qualcosa ci dice che la deflagrazione sarà totale e definitiva.

Pippi

– continua domani –

In collaborazione con il Circolo del Cinema Uicc Cult Movies (Roma).