Come promesso ecco un gustoso approfondimento sul film di Kathryn Bigelow, vincitore di 5 statuette. Queste recensioni sono state realizzate in occasione dell'uscita del film alla Mostra del Cinema di Venezia 2008, da Antonlla Mancini, Paolo Strigini e dal sottoscritto. Per me, è motivo di particolare orgoglio pubblicare la recensione di Antonella e Paolo, perchè si tratta anche di un piccolo omaggio a Paolo Strigini, che ci ha lasciato proprio poco dopo la fine della Mostra del Cinema. Paolo aveva una visione lucida e brillante degli Stati Uniti, avendoci vissuto e lavorato per anni, una risorsa preziosa, se si considera inoltre che tutti gli eventi degli anni '60 che hanno dato il via alla nuova America (madre anche del cinema della Bigelow) erano stati vissuti da Paolo in prima persona.
Recensione di Paolo Strigini e Antonella Mancini
Recensione di Daniele Clementi
Il nuovo film di Kathryn Bigelow parla di dipendenza, dipendenza dalla guerra, dalla scarica di adrenalina che produce il corpo quando è a rischio della vita. Totalmente ambientato in Iraq, tranne pochi secondi negli Usa, il film racconta il conto alla rovescia per la fine dell'incarico di tre uomini assegnati alla forza artificieri, due soldati marines (uno specialista ed un sergente) e l'artificiere, che hanno il compito di proteggere, durante le operazioni di individuazione ed eventuale disinnesco delle bombe terroriste.
La storia comincia introducendoci un magnifico artificere, sicuro di sè e risoluto nell'azione, interpretato da un convincente Guy Pearce, che però muore pochi minuti dopo l'inizio del film, dimostrando che non è solo questione di talento e professionalità, e che in Iraq ogni certezza è appesa al filo della sorte. Seguiamo quindi lo sconosciuto Jeremy Renner che prende il posto del personaggio di Pearce e si rivela ben presto malato di dipendenza alla guerra. La patologia del protagonista è però descritta con raffinata e voluta ambiguità, per tutto il film è posta in secondo piano, si vede e non si vede, rendendo il soggetto un protagonista ambiguo e suggestivo. Al suo fianco il ritratto di due soldati "sani e normali", che talvolta rischiano proprio per la loro lucidità di essere scambiati per codardi o burocrati. Indimenticabile la partecipazione di Ralph Fiennes nel ruolo del contractor, che arresta due terroristi segnalati nelle famose carte da gioco dell'Iraq e li vede svanire poco dopo perdendo la sua stessa vita e riconfermando il precetto che in guerra nessuno è predestinato all'eroismo o garantito dal suo status quo.
Un film di guerra dunque, che nella resa magistrale dell'azione e delle battaglie, rivela una visione oggettiva ed obiettivamente negativa del conflitto che descrive. Indimenticabile il disinnesco di un'autobomba, o la lunga scena dell'agguato nel deserto, che evoca senza mai copiare il cinema western degli anni '50.
Bigelow ci mostra un Iraq ostile, o nel migliore dei casi indifferente alla guerra degli americani. Sono emblematiche le sequenze in cui gli iracheni osservano gli americani disinnescare le bombe come se fosse uno spettacolo, e con un sottile sguardo di sfida, come se tutto questo non riguardasse loro ma solo i marines ed i loro nemici fondamentalisti.
L'autrice, pur ispirandosi ad un libro e basando tutta la struttura del racconto sugli appunti del giornalista embedded Mark Boal (già ispiratore del film "Nella valle di Elah"), mostra un film tutt'altro che schierato, in cui gli americani in guerra riescono a malapena a salvare loro stessi, figuriamoci gli iracheni, e devono occuparsi quasi esclusivamente di portare a casa la pelle e sfidare la sorte ogni volta che lasciano la base. Le missioni non hanno funzione o senso, se non quelli di sfidare la morte in una terra che loro stessi non vogliono conoscere e che, in risposta, non vuole accoglierli, così come il protagonista affonda le mani nelle viscere di un bambino bomba per disinnescare l'ordigno, l'autrice affonda il suo sguardo nelle viscere della sacralità del patriottismo americano, onorando chi rischia la vita per la bandiera ma evidenziando senza ideologismi, retorica o manipolazione politica l'oggettiva inutilità della presenza degli americani in Iraq.