Archivio mensile:novembre 2009

JAMES BOND OPERA OMNIA (4) – AGGIORNAMENTO SPECIALE

JAMES BOND OPERA OMNIA

A cura di Daniele Clementi

(c) Sony Pictures

AGGIORNAMENTO SPECIALE

" Casino Royale " di William H. Brown Jr  (1954)

Recensione di Daniele Clementi

(c) CBS.

Molti credono erroneamente che il primo James Bond della storia sia stato Sean Connery. In realtà Barry Nelson interpretò il ruolo di James Bond 007 nel 1954, esattamente un anno dopo la pubblicazione del primo romanzo di Ian Fleming, e pochissimi sanno che la prima trasposizione di un libro di James Bond fu proprio " Casinò Royale " (primo libro della serie). Sean Connery fu però il primo James Bond 007 della storia del Cinema (girò il suo primo film nel 1962), perchè Nelson interpretò il suo " Casinò Royale " per la televisione e la durata della sua riduzione fu solatnto di 48 minuti. Il ruolo del cattivo Le Chifre, il primo catttivo della storia di Bond pertanto, fù interpretato dal magistrale Peter Lore (un grande nome del cinema noir). Si trattò di un cortometraggio appartenente alla serie televisiva americana " Climax! " prodotta dalla CBS. La regia era di William H. Brown Jr, un professionista della tv americana che, sempre per la serie " Climax! ", realizzò un secondo cortometraggio tratto dal romanzo di Raymond Chandler "The long goodbye – Il lungo addio"; passando così da James Bond a Philip Marlowe (bisogna riconoscere a Brown che aveva gusto per la letteratura di genere). In seguito Brown avrebbe anche realizzato l’episodio pilota di una serie tv sul mago di Oz e la prima puntata dello " Shirley Temple Show ". L’adattamento televisivo del libro di Flemming fu invece realizzato dal grande Charles Bennett, il primo sceneggiatore di fiducia di Alfred Hitchcock, con cui esordì nel 1923. Ma Bennet nel 1949 scrisse anche " Cagliostro "che fu un film interpretato ed anche parzialmente diretto da Orson Welles. Al fianco di Bennet lavorò all’adattamento anche Anthony Ellis, sporadico sceneggiatore televisivo poco noto che scrisse cose di poco conto e qualche puntata di " Zorro ". Barry Nelson, il primo James Bond della storia, non ebbe grande fortuna anche se lavorò tantissimo in tv e fu un prezioso caratterista. Iniziò la sua carriera con la serie tv in bianco e nero del " Dr.Kildare ", poi girò due puntate di " Alfred Hitchcock presenta ", fece parte del cast di " Airport " e lavorò come " special guest " nelle serie tv: " Galactica "," Love Boat ", " Fantasilandia ", " Dallas ", " Magnum P.I." e " La signora in giallo ". Infine Barry Nelson viene ricordato dai veri cinefili per avere recitato in " Shining " di Stanley Kubrick. Peter Lore, primo cattivo, è certamente l’attore più importante presente in questo corto per la tv. Lore inizia la sua carriera in Germania nel 1929, e nel 1931 si guadagna l’immortalità come interprete del capolavoro di Fritz Lang " M ". Negli anni 30′ si trasferisce in Inghilterra dove diventerà un attore feticcio di Alfred Hitchcock (difficile non vedere lo zampino di Bennet nella scelta di Lore come antagonista di questo film tv), dal 1937 al 1939 girerà 8 film polizieschi con Norman Foster in cui interpreterà il ruolo di Mr.Moto un investigatore di origini cinesi. Infine negli anni 50′ si trasferirà negli Usa dove lavorerà a grandi film di Hollywood come " Il mistero del falco " e " Casablanca ". In effetti dal punto di vista cinefilo è proprio interessante che il primo film (anche se corto) di James Bond sia stato fatto 9 anni prima di "LICENZA DI UCCIDERE", scritto dallo sceneggiatore di Hitchcock e Welles, con un cattivo che viene da Fritz Lang e dallo stesso Hitchcock e con il protagonista che avrebbe in seguito lavorato con Stanley Kubrick. Curioso che non ne parli quasi mai nessuno.

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CREDITI
 
 

Sceneggiatura: Charles Bennett e Anthony Ellis tratta dal romanzo omonimo di Ian Fleming.
Uscita ufficiale nel paese d’origine: 21 ottobre 1954(USA)
-Interpreti principali –
James Bond : Barry Nelson
Le Chifre : Peter Lorre
Valerie Mathis : Linda Christian
 
 
 
Colonna sonora originale: Jerry Goldsmith.
Durata: 48 minuti.

" Casino Royale " di Martin Campbell (G.B. 2006)

Recensione di Daniele Clementi.

(c) Sony

La saga di James Bond ha sempre subito dei cambiamenti, anche se limitati a dettagli e spesso destinati a personaggi secondari, ma non è mai realmente ripartita da zero. Insomma ogni film è sempre stato il seguito del precedente anche se la formula particolare studiata all’ origine del ciclo ha sempre permesso allo spettatore di poter fruire di un capitolo qualsiasi della serie senza dover conoscere i precedenti. Per la prima volta con il film del 2006 James Bond riparte veramente da zero e tutto quello che abbiamo visto in precedenza non conta più nulla perchè questo James Bond è completamente nuovo e la sua storia cambia per sempre. Nonostante la trasformazione radicale del progetto, qualche minimo legame con il passato ci viene concesso ma si tratta solo del mantenimento della bravissima Judi Dench nella parte di M (aveva già interpretato questo ruolo nei film di Brosnan). James Bond nelle prime scene invece è un agente privo di licenza di uccidere e se la guadagna proprio eliminando alcune spie nella sequenza introduttiva, la famosa scena di Bond che spara al centro della spirale rendendo lo schermo rosso viene riprodotta con sorpresa del pubblico nella realtà effettiva  del film ed è ambientata in uno squallido bagno pubblico dopo una collutazione fisica violentissima. L’agente 007 indaga sul misterioso Le Chiffre ("la cifra") che opera come banchiere occulto delle organizzazioni terroristiche internazionali ed è legato ad una strana organizzazione che promette di diventare la Spectre della nuova generazione. Torna il mitico Felix Leiter interpretato dall’attore di colore Jeffrey Wright (dato che si ricomicia da zero i personaggi possono cambiare liberamente sesso o etnia) e questo è il loro primo incontro. Mentre la bella di turno, contrariamente al romanzo, è un agente del Tesoro britannico molto rigida e professionale che darà del filo da torcere al protagonista seduttore e lascerà un segno indelebile nel suo cuore (contrariamente alle figure femminili tradizionali). La "Bond-Girl" presente nel romanzo originale ed interpretata da Linda Christian cambia sesso in questa versione e diventa l’ambiguo e magistrale Renè Mathis interpretato dal grande Giancarlo Giannini. Daniel Craig è l’attore con il curriculum più altamente artistico che abbia mai interpretato il ruolo di James Bond e probabilmente l’attore con il maggiore talento drammatico per reggere lo schermo diventa necessario prendere un cattivo di eguale valore ed ecco spiegata la scelta del danese Mads Mikkelsen con una lunga carriera nel cinema di qualità europeo. Il casinò del film è quello di Montenegro ma ci sono molte scene girate in Italia e molti attori nostrani al lavoro in piccoli ruoli, fra loro spicca il grandissimo Giancarlo Giannini. Doveroso citare il prezioso contributo di Paul Haggis, che con Craig aveva lavorato da regista nel film "THE PUSHER" come sceneggiatore, il cui contributo per aumentare il tono drammatico della storia è stato certamente determinante. Le scene cult: la sigla iniziale, l’inseguimento spettacolare in Sud Africa tanto estremo quanto realistico perchè fatto da atleti professionisti che fanno questo tipo di acrobazie per mestiere, la grande partita al casinò, lo stimolatore cardiaco portatile (esiste realmente), il capottamento dell’Aston Martin e la tortura del finale. Un nuovo inizio più cupo e drammatico e di altissima resa scenica.

CREDITI
 
 

Sceneggiatura: Neal Purvis, Robert Wade e Paul Haggis tratta dal romanzo omonimo di Ian Fleming.
Uscita ufficiale nel paese d’origine: 16 novembre 2006 (G.B.)
-Interpreti principali –
James Bond : Daniel Craig
Le Chifre : Mads Mikkelsen
Vesper Lynd : Eva Green
Renè Mathis : Giancarlo Giannini
Felix Leiter : Jeffrey Wright
 
 
 
Colonna sonora originale: David Arnold.

Direttore della fotografia:Phil Meheux.
Montaggio: Stuart Baird.

Durata: 144 minuti.

" Quantum of solace " di Marc Forster (G.B. 2008)

Recensione di Daniele Clementi

(c) Sony

Questo è il primo seguito canonico della lunga saga cinematografica di James Bond, alcuni piccoli dettagli hanno sempre caratterizzato una sorta di linea seriale fra i film ma erano così sottili e velati da non essere nemmeno così determinanti e la formula particolare studiata all’ origine del ciclo ha sempre permesso allo spettatore di poter fruire di un capitolo qualsiasi della serie senza dover conoscere i precedenti. Dato che con il film del 2006 James Bond è realmente ripartito da zero anche la classica tradizione della serialità parziale è venuta meno. Ritornano quindi una buona parte dei personaggi già visti nel film precedente, la bella del primo film uccisa da un organizzazione segreta occulta (una scelta che citava esplicitamente il film del 1969 "AL SERVIZIO DI SUA MAESTA’") ricompare attraverso sequenza in flashback, il cattivo magistralmente interpretato da Almaric questa volta è un finto filantropo dei diritti umani e della battaglia per l’ambiente che si rivela in realtà uno scaltro imprenditore che colloca dittatori a suo piacere nei paesi dell’america latina in cambio di acqusizione di terreni ricchi di acqua (che presto diverrà il motivo di tutte le guerre probabilmente). Ritorna Felix Leiter , Mathis ed il perfido Mr. White (che fa da collante fra il primo ed il secondo film e forse segnerà in futuro altri legami con questa misteriosa organizzazione segreta. Il film gioca volutamente sulle citazioni riferite ai film precedenti e la più memorabile è probabilmente il corpo di una ragazza rinvenuto ricoperto di petrolio così come era ricoperto di oro il corpo della giovane vittima nella parte iniziale di "GOLDFINGER". La famosa scena di Bond che spara al centro della spirale rendendo lo schermo rosso viene mostrata a sorpresa del pubblico nel finale del film invece che all’inizio e forse per voler chiudere simbolicamente una storia divisa in due parti e per introdurre metaforicamnte una nuova generazioni di film di 007. Dalle scene acrobatiche ed originali del primo film si passa a sequenze sincopate e confuse, spesso paradossali e poco chiare, la storia è limitata in ogni senso e le piccole metafore politiche e qualche citazione colta autoreferenziale non possono salvare il film da una superficialità devastante ed una storia poco convincente. Il film precedente aveva lasciato sperare in un futuro migliore.

CREDITI
 
 

Uscita ufficiale nel paese d’origine: 31 ottobre 2008 (G.B.)
-Interpreti principali –
James Bond : Daniel Craig
Dominic Greene : Mathieu Amalric
Camille : Olga Kurylenko
Strawberry Fields : Gemma Arterton
Vesper Lynd : Eva Green
Renè Mathis : Giancarlo Giannini
Felix Leiter : Jeffrey Wright
Mr. White : Jesper Christensen
 
 
 
Colonna sonora originale : David Arnold.

Direttore della fotografia : Roberto Schaefer
 

Durata: 106 minuti.

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Torino 2009 – Nicolas Winding Refn: "Valhalla Rising" (2009)

Nicolas Winding RefnIn questo momento in Italia si fa un gran parlare di crocifissi nelle scuole o negli edifici pubblici, indirettamente il film di Refn offre una riflessioe compatibile con questa discussione. Secondo lungometraggio della rinascita artistica della stella nascente del cinema danese, "Valhalla Rising" è una brillante commistione fra cinema di genere e cinema d'autore e, sebbene dal punto di vista linguistico i due registi siano molto diversi fa pensare alla nuova linea adottata dall'illustre collega conterraneo di Refn: Lars Von Trier, checon il film "Antichrist", ha inziato ad adottare il cinema di genere a sfondo psicologico.
Il cristianesimo contro il paganesimo è il tema portante di questo splendido e lucido affresco su religione e violenza, un film che scatta improvvisamente in sequenze così violente da rasentare l'orrore, per poi placarsi in modo quasi psicotico nel cinema d'autore della più cara tradizione nordica, ricco di simbologie religiose pagane e splendidamente incastonato in una struttura narrativa misteriosa ed affascinante. Un film di dolore e bestialità, di crocifissi imposti nei luoghi sacri degli altri culti, nei cuori e negli animi delle siritualità pluraliste di coloro la cui sola colpa è quella di non predicare la stessa religione, un film fatto di sangue efede che ci ricorda la materia prima delle guerre, il danaro, il potere e la religione, che ci dimostra come ancora oggi in nome di simboli e di avidità personali ci si comporti da tribali primitivi che devono imporre con la forza e l'animalesca violenza i valori della propria cultura contro qualunque altra cosa esterna o aliena al proprio credo. Refn offre uno sguardo gelido e chirurgico sulla mostruosità del potere e sulla violenza del dogmatismo con un cinema puro e pulito lontano anni luce dalle facili soluzioni didascaliche a cui il cinema politicamente corretto ci ha abituati.
Daniele Clementi

Torino 2009 – Nicholas Winding Refn: "Bronson" (Inghilterra 2009)

La locandina del filmIl primo film inglese della carriera del regista danese Nicholas Winding Refn è probabilmente l'emblema della sua rinascita artistica. Un ritratto esaltante, disturbante, intrigante e sconvolgente di un vero criminale inglese, che ha passato più tempo fra carceri e manicomi che in libertà, pittore di talento, picchiatore formidabile, leader di rivolte carcerarie passate alla storia. Charly Bronson è un disadattato sociale, reale vittima di un sistema giuridico che punisce solo chi non ha il potere far pesare la sua arroganza. Un omaggio intenso e raffinato al film di Stanley Kubrick "Arancia meccanica" che, alternando diversi stili cinematografici, riesce a raccontare una vita allucinante,perennemente borderline fra violenza, sfruttamento, indifferenza e cieca mostruosità perbenista. Candidato all'Oscar come miglior film straniero "Bronson" ci trascina negli inferi dei sistemi carcerari e sanitari destinati ai senza voce, a coloro cioè che non hanno i mezzi o le capacità, almeno culturali, per far valere i loro diritti. Un film unico e cattivo che ritrae una persona vera, contradditoria, pericolosa ed inquietante, ma incredibilmente istintiva e geniale nell'inconsapevole forza creativa ed al contempo distruttiva. Un viaggio nella violenza del disagio, nel dolore della prigione e nell'agonia della pazzia, in un vortice di immagini ed animazioni che lascia il segno e coinvolge oltre il prevedibile e che rende il mostro, il criminale, alla fine dei conti, la vittima e l'eroe del sistema carcerario contemporaneo.

Daniele Clementi

Torino 2009 – Nicholas Winding Refn: "Pusher III" (Danimarca 2005)

La locandina del filmQuesto è il film stilisticamente più sperimentale della trilogia di Nicholas Winding Refn. Girato per ragioni economiche, è in realtà il più artistico della serie. Il protagonista è questa volta Milo (comprimario dei due film precedenti), un boss della droga di Copenaghen di origine macedone con il pallino della cucina ed un grave problema di tossicodipendenza. Il giorno della festa di compleanno di sua figlia, Milo dovrà smerciare qualche migliaglio di pasticche di ecstasy, confrontarsi con le pericolose bande mafiose emergenti della Turchia e della Serbia che vogliono conquistare Copenaghen, salvare una minorenne resa schiava e messa in vendita come prostituta, sbarazzarsi di cadaveri, torturare extracomunitari con la complicità di un sadico pizzaiolo e cucinare per cinquanta invitati alla fesa di compleanno della figlia.Girato quasi sempre in steadycam, con una precisione quasi ossessiva per i colori e gli ambienti, questo terzo capitolo affronta insieme ai grandi canoni della gangster story anche la storia di un padre che cerca di comunicare con sua figlia e di un uomo che deve affrontare la sua tossicodipendenza e la consapevolezza della venuta della vecchiaia. Il finale è un trionfo di carne umana e sangue con sequenze strepitose, a metà fra ilgrottesco ed il raccapriccio, che citano gustosamete e giocosamente "Non aprite quella porta" di Tobe Hoper e "Hostel" di Eli Roth.Daniele Clementi

Torino 2009 – Nicholas Winding Refn: "Pusher II" (Danimarca 2004)

La locandina del filmDopo il drammatico fiasco al botteghino di "Fear X", Nicholas Winding Refn si ritrova con un debito di milioni di corone sulla testa, tormentato fra i suoi doveri etici di narratore e le sue responsabilità di padre verso la figlia che sta per nascere ed alla quale dovrà garantire una situazione economica accettabile, sceglie di dare due seguiti al suo cult movie "Pusher". Con il secondo film cercherà di coprire i debiti e con il terzo di guadagnare qualcosa, il travagliato percorso che porterà alla realizzazione di "Pusher II" è raccontato in maniera precisa e dettagliata dal documentario di Phie Ambo "Gambler".
Nel secondo capitolo del film culto di Refn ritroviamo lo spacciatore Tonny (comprimario nel primo film) ed in una breve ma efficace sequenza il "grossista" della droga Milo (che poi diverrà protagonista del terzo capitolo). Tonny, appena uscito di prigione, cerca di riconquistare la fiducia di suo padre, imponente e temuto boss della mafia danese. Contemporaneamente deve fare i conti con la scoperta di essere divenuto padre e con la notizia della morte della madre, una prostituta al servizio del padre. Un film edipico, intenso, violento ma di grande spessore drammatico e psicologico, uno scontro etico ed umano fra la conquista della maturità e la paura della stessa. Refn torna a raccontare la Copenaghen della mafia e della morte con un riscatto finale che però apre uno spiraglio di speranza. Un racconto freddo nella resa scenica ma ricco di sentimenti, frutto certamente della scoperta della paternità da parte del regista.Daniele Clementi

Torino 2009 – Nicholas Winding Refn: "Fear X" (Usa – Danimarca 2003)

La locandina del filmUn film coraggioso e sprimentale, unico per originalità e cifra stilistica, il primo film americano della carriera di Nicholas Winding Refn stupisce ed affascina con un ritmo apparentemente lento ed inesorabile senza mai stancare ma mantenendo in tensione lo spettatore fino ll'ultima scena.Si ripensa al cinema più sperimentale di David Lynch mentre ci silascia trasportare da immagini che sembrano provenire da "Lost Highway" o "Mullholland Drive", la colonna sonora composta da Hubert Selby Jr. e Brian Eno è trascinante ed immersiva, quasi diabolica per come avvolge lo spettatore nella tensione del film ed il protagonista John Turturro è assolutamente magnetico ed inquietante.
L'addetto alla sicureza di un centro commerciale perde la propria moglie, uccisa da un misterioso passante nel parcheggio dei grandi magazzini dove lui lavora. Inizia per il protagonista una lenta ricostruzione dei fatti scandita dalla visione minuziosa di tutti i video di sorveglianza del centro commerciale, vhs dopo vhs il protagonista , aiutato da un misterioso sogno premonitore, arriverà alla soluzione dell'enigmae ad un faccia a faccia suggestivo e raffnato con l'assassino della moglie, un film unico di altissima qualità in ogni sua formaamato dalla critica mondiale quanto ignorato dal pubblico, un operazione che costerà al regista il fallimento della sua casa di produzione e l'indebitamento per milioni di corone.Daniele Clementi

Torino 2009 – Nicholas Winding Refn: "Bleeder" (Danimarca 1999)

La locandina del filmTre anni dopo il suo esordio "cult" con il film "Pusher", Nichols Winding Refn torna dietro la macchina da presa con un film sorprendente ed originalissimo. La storia, tributo ai genericinematografici, racconta di un gruppo di amici e dei loro amori, rimanendo a metà fra il film "Clerks" di Kevin Smith e "Mean Streets" di Martin Scorsese. Ritroviamo i volti chiave del film "Pusher" in ruoli apparentemente più leggeri ma pur sempre densi di drammaticità. Il filo conduttore del racconto consiste in due storie d'amore parallele. La prima storia è quella di un cinefilo, commesso di una videoteca, che vive avvolto e protetto dall'universo di tutti i suoi film e che trova l'amore in una cameriera di una tavola calda, che vive, come lui, avvolta e protetta dall'universo dei suoi libri. La seconda storia è quella di un giovane violento e sbandato che perde il controllo quando scopre che la sua compagna è incinta. Sublimerà la sua paura di diventare padre e la sua frustrazione per un rapporto a cui ormai è solo vincolato per doveri di paternità, primapicchiando la madre di suo figlio, e poi inuno scontro sanguinoso e spietato con il fratello della sua compagna, in un turbine fra tragedia e splatterda fare invidia anche al genere "heroic bloodshed" dei film cantonesi di John Woo. Le due storie si scontrano e si intersecano in una Copenaghen fatta di quartieri grigi e case povere fra vecchi vhs e manifesti di film di serie B prodotti in Italia negli anni Settanta. Una commedia romantica, violenta e splatter, avvincente ed incontrollabile, in grado di esplorare generi fra loro agli antipodi con soluzioni stilistiche veramente uniche.

Daniele Clementi

Torino 2009 – Nicolas Winding Refn: "Pusher" (Danimarca 1996)

La locandina del filmNicolas Winding Refn scopre il cinema, come quasi tutti noi, attraverso i film di genere. Fra i suoi preferiti ci sono quelli di Bud Spencer e Bruce Lee. Dopo aver esplorato il cinema d'autore (a nove anni),viene folgorato dal film di Tobe Hoper "Non aprite quella porta" e decide di diventare regista. Il film "Pusher" è la sua opera prima, secca, dura ed intelligente, un film completo che percorre in novanta minuti i grandi canoni moderni della gangster story, da Scorsese a Coppola, da De Palma al cinema di Hong Kong. Un film terribile nella durezza dei personaggi e quasi neorealista nella raffigurazionedel mondo del crimine, che regala una Copenaghen oscura e malata, nascosta fra le pieghe della Danimarca borghese. Eppure Refn dimostra di essere più interessato al lato umano dei suoi criminali che alle loro malefatte o alle convenzioni della ganster story, raccontando di uomini che vivono ogni giorno al limite della società in bilico eterno fra la vita e la morte. Ogni personaggio è descritto nelle sue mostruosità e nelle sue fragilità, disegnando un ritratto umano e contemporaneamente bestiale del mondo del crimine danese.I suoi personaggio non sanno amare, o non sanno di saperlo fare, ed uccidono e distruggono come istinto primevo, sublimando in questo modo anche ogni loro pulsione sessuale,tradendo omosessualità che non potranno mai ammettere e fragilità che non dovranno mai mostrare. Un piccolo film perfetto, un'opera prima gelida, intensa e magistrale.

Daniele Clementi

Torino 2009 "La bocca del lupo" di Pietro Marcello (2009)

 

Il film vincitore del Torino Film Festival non è un film, nel senso che è un documentario, non è nemmeno un lungometraggio, perchè dura solo 67 minuti a fronte dei 75 stabiliti come durata universale minima per un lungometraggio. Il vincitore è una provocazione, perchè vuol dire che secondo la Giuria nessuno dei lungometraggi di finzione selezionati in concorso meritava di vincere, ma è anche una sorpresa che farà certamente parlare di sé. Pietro Marcello è nato a Caserta e sapeva di Genova, prima di girare questo corto, solo quello che gli era giunto come ricordo da suo padre che, seppure meridionale, aveva bazzicato il porto e la città di Genova per ragioni di lavoro. Insomma il regista è uno "straniero" e come tale filma una Genova che non è tale nel suo profondo, ma una città inconscia filtrata e introiettata.Il documentario sovrappone, con tre stili diversi, tre percorsi autonomi: un lavoro di montaggio di filmini amatoriali della Genova del 1900, un percorso poetico e sensoriale su due uomini (forse frutto della fantasia, forse veri) che si accingono a prepararsi un fuoco sotto i ponti di Quarto dei Mille, e poi la storia di Enzo e Mary, lui è un criminale dal cuore d'oro, che, dopo avere scaricato una 44 Magnum su alcuni poliziotti, si fa quasi dieci anni di galera, dove conosce lei … Mary, transessuale tossicodipendente. Fra i due, come in una favola, sboccia un amore che andrà oltre il tempo e le sbarre di una prigione per durare ancora oggi. Ma se il documentario su Enzo e Mary è straordinario, sono altrettanto noiosi i segmenti di filmini d'epoca amatoriali e la strana storia di Quarto dei Mille che alla fine del percorso sembrano quasi collocati lì per allungare un corto altrimenti troppo breve. Un cortometraggio interessante e divertente anche se poteva essere più breve per guadagnare in ritmo e scorrevolezza, ma che lascia perplessi come vincitore del Festival di Torino, dato che il citato Festival aveva in effetti una sua sezione per i cortometraggi separata da quella del concorso. Per la cronaca "La bocca del lupo" è il titolo del romanzo di Gaspare Invrea alias Remigio Zena, risalente al 1892, considerato opera chiave della letteratura verista. Il romanzo racconta, fra miseria e disperazione, la vita umile ma vera di alcuni anonimi abitanti della Genova del 1800, perdenti destinati a commuovere e coinvolgere il lettore in una documentazione artistica dell'Italia dimenticata. In un certo senso Pietro Marcelli, con la storia di Enzo e Mary, crea una versione attuale dei miserabili di "La bocca del lupo", ma a maggior ragione si fatica a capire, quantomeno, la funzione dei segmenti di filmati amatoriali della Genova del 1900.

Daniele Clementi

Torino 2009: "Pontypool" di Bruce Mcdonald (2009)

Arriva dal Canada questo originale tributo al cinema horror e di fantascienza con sfondo politico degli anni Cinquanta e Sessanta. La cronaca di una terribile epidemia che tramuta i cittadini di una tranquilla città di campagna in cannibali viene raccontata attraverso le telefonate, le interviste ed i comunicati che arrivano ad una piccola radio locale. La tensione sale vertiginosamente fino al momento dell'incontro diretto con gli infetti. La causa di questa epidemia è un virus semantico che si trasmette tramite la lingua inglese, non tanto attraverso le parole quanto attraverso la comprensione e la consapevolezza del loro significato. Ci sono solo due modi per evitare di diventare come zombie cannibali che inseguono le loro vittime attraverso il suono delle parole: il primo, banalmente, è parlare una lingua diversa come il francese o l'arabo, l'altro è avere abbastanza volontà e capacità dialettica da contrastare il virus e le parole infette negando la comprensione diretta e quasi automatica del loro significato attribuendogliene uno nuovo. Un film che cita, nella sua perenne diretta radio, il famoso spettacolo radiofonico di Orson Welles "La guerra dei mondi", e, nell'assedio in cui i protagonisti restano circondati da infetti cannibali, il cinema dei morti viventi di George A. Romero ed il cult "La città verrà distrutta all'alba". Un film divertente e scorrevole che non annoia mai e che non scade mai nel banale. Alla fine dei titoli di coda, il regista regala al pubblico una parodia dei film di gangster orientali degli anni Ottanta, totalmente avulsa dal lungometraggio, e pensata come presa in giro dello spettatore che vuole sempre e comunque un finale rassicurante.

Daniele Clementi