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" 4 mesi, 3 settimane e 2 giorni – 4 luni, 3 saptamani si 2 zile " di Cristian Mungiu (2007)

” 4 mesi, 3 settimane e 2 giorni – 4 luni, 3 saptamani si 2 zile ” di Cristian Mungiu (2007)

Recensione di Marina Pianu

ricordate come si viveva al tempo degli aborti clandestini? ricordate il ben
piu’ grave rischio di rimetterci le penne oltre a quello di finire in
gattabuia? ricordate i costi i disagi le difficolta’ di trovare un medico che
vi aiutasse a risolvere il tragico dilemma? per noi e’ diventata ormai storia
antica, ma in romania le donne hanno dovuto aspettare la caduta di ceausescu
per potersi liberare da simili ordalie (e pensare che, sinistra ingenuita’,
si pensava che un regime comunista fosse decisamente piu’ schierato per la
liberta’ di scelta e non per la gravidanza coatta; in romania, per
incentivare la crescita demografica, si era pensato di costringere le donne
agli aborti clandestini… lungimiranze di compagni!).

ottilia divide la stanza con gabita in un dormitorio per studenti. troviamo
gabita tutta presa dai preparativi per un viaggio: toglie l’incerata dal
tavolo per poi rimetterla, si depila le gambe, fuma e poi subito spegne la
sigaretta, mentre ottilia piu’ presente a se stessa organizza ogni cosa. dove
deve andare gabita? non e’ un viaggio di piacere, certo, e nemmeno un
matrimonio, come ironizza ottilia. restiamo nel dubbio e cerchiamo di
scoprirlo seguendo ottilia per le strade e i quartieri della citta’. incontra
il suo fidanzato che la vorrebbe presente al compleanno di sua madre, ma
ottilia pare troppo presa da altre preoccupazioni per interessarsene: si
rischia il litigio. poi cerca una stanza, e le difficolta’ impreviste non
mancano. a quanto pare gabita, troppo frastornata o troppo insicura, ha
collezionato una serie di bugie e mosse poco previdenti a cui ottilia deve,
con la sua prontezza, in qualche modo rimediare. rimedia infatti una
matrimoniale in un albergo a tratti sconsigliabile e a tratti di lusso. la
cifra supera alla grande quella stanziata dalle due ragazze. ma perche’
ottilia e gabita hanno bisogno di una stanza?

nella mente dello spettatore italiano, che tante ne ha sentite e lette sullo
sfruttamento femminile in romania, anche da parte di italiani, le ipotesi si
affollano a frotte, soprattutto quando ottilia giunge all’appuntamento con un
signore (dottor bebe) dall’aria molto circospetta e molto contrariato dai
cambi di piano (diverso albergo, diversa la persona che incontra, e poi?). di
che si trattera’ mai? incontro clandestino? film porno? bebe si preoccupa
anche di mostrare il suo potere facendo calare dall’alto la sua “prestazione”
e rendendo ottilia testimone di un episodio filiale sconcertante: un figlio
premuroso che adotta modi bruschi? o un uomo insensibile preoccupato solo dai
suoi interessi (loschi magari)?

la protagonista della storia non e’ la disperazione di gabita, ma l’amica che
l’assiste e la segue, grazie alla sua freddezza (forse perche’ non e’ lei a
dover abortire?), ma anche il distacco e la sicurezza di ottilia sfumano man
mano che la ragazza viene coinvolta, suo malgrado. il ricatto del dottore
scioglie l’ultimo rimasuglio di distacco. nel gesto finale di ottilia sembra
fondersi un destino comune, che e’ poi quello delle donne e che gli uomini,
sfruttatori o compagni di viaggio, non possono comprendere. come tutti gli
uomini, anche adi vuole capire, e chiede scusa per qualcosa che non sa
neppure di aver commesso. ottilia non lo rimprovera per quello che ancora non
ha fatto, ma per la sua incapacita’ di includere nella sua visione del mondo
quella della persona con cui ha deciso di dividere la vita.

la telecamera, quasi sempre appiccicata a ottilia, ricorda un poco l’effetto
di immedesimazione (e di claustrofobia) de “le fils” dei fratelli dardenne;
come in quel caso, siamo spesso messi davanti alla nuca di ottilia, i suoi
capelli che da vaporosi e luminosi si fanno via via piu’ pesanti e sporchi.
seguendo lei per l’intera durata del film, non siamo indotte a identificarci
con la diretta interessata, ma come sorelle (lapsus freudiano quello di
gabita?) siamo spinte a partecipare al suo dolore vissuto come un pugno nello
stomaco. non essendo coinvolte in prima persona ne possiamo dunque apprezzare
l’enormita’ e lo scandalo. dire che questo film e’ pro-choice o pro-life e’
riduttivo: rientra nel grande progetto di mungiu di raccontare storie
“dall’eta’ dell’oro”, ovvero al tempo del comunismo in romania. il dolore e
il disagio per tutti i coinvolti (ati incluso) deriva da un sistema che nega
all’individuo la facolta’ di scegliersi il suo destino. il ricorso all’aborto
clandestino e’ una delle tante violenze subdole che le donne vivono, ed e’
solo un’esemplificazione materiale della condizione a cui vengono relegate.
molto esplicito e educativo il colloquio finale, ai limiti della rottura, tra
ottilia e ati: ridurre tutto a una soluzione pratica del problema equivale a
ignorare l’esistenza stessa del problema. non si tratta di risolvere a
gravidanza avviata, ma di arrivarci consapevolmente e consensualmente. aborto
o non aborto e’ un falso problema.

come nella realta’ quotidiana, molti sono i dettagli “inutili” di cui viene
disseminata la storia: il coltello rubato, il documento dimenticato, le
verita’ non rivelate… non tutto deve trovare spiegazione e risoluzione.
nella vita molte cose si perdono per strada senza gravi conseguenze. allo
stesso tempo, l’irrisolutezza di questi filetti tronchi lascia aperture ad un
finale troncato di netto. qui finisce l’avventura, ma la vita prosegue. “non
parleremo mai piu’ di questo” e’ la frase che chiude il film, come dire “a
voi quello che segue non deve piu’ interessare”.

CREDITI

 
Regia: Cristian Mungiu.
Sceneggiatura: Cristian Mungiu.
Uscita ufficiale nel paese d’origine: 1 giugno 2007 (ROMANIA)
-Interpreti principali –
Anamaria Marinca : Otilia
Laura Vasiliu : Gabriela ‘Gabita’ Dragut
Vlad Ivanov : Viarel aka Domnu’ Bebe
Alexandru Potocean : Adi Radu
Produttore: Daniel Burlac, Cristian Mungiu, Oleg Mutu e Alex Teodorescu..
Colonna sonora originale: Artista non accreditato.
Direttore della fotografia: Oleg Mutu.
Montaggio: Dana Bunescu.
Durata: 113 minuti.