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VENEZIA 2008: " The sky crawlers " di Mamoru Oshi (2008)

MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA 2008

(c) Biennale di Venezia

 

" The sky crawlers " di Mamoru Oshi (2008)

Recensione di Daniele Clementi

 

 

In un possibile prossimo futuro, le grandi multinazionali organizzano una guerra perenne per mantenere l’ordine sulla terra e l’equilibrio del consumo, per evitare di decimare i loro preziosi consumatori però scelgono di clonare all’infinito dei guerrieri e militari perfetti, con il cervello di adulti e le fattezze fisiche di bambini o adolescenti, perfetta carne da macello, apatici e privi di forti reazioni emotive. Sebbene abbiano un corpo immortale ma incapace di svilupparsi i "Kildren" posso concepire dei figli, che non ereditano però l’immortalità dei genitori ma riportano il genoma allo stadio umano tradizionale. Ogni volta che un pilota muore, ne arriva subito dopo uno identico pronto a sostituirlo con l’esperienza militare del precedente ma privo dei ricordi, questi ragazzi clonati sono però propensi all’autodistruzione e considerano la vita solo una fase apatica ed irrilevante in cui doversi muovere. Unico rivale temuto da tutti i ragazzi cloni è il "maestro", il più potente di tutti i guerrieri, il padre genetico di tutti i cloni che riesce inesorabilmente ad eliminare tutte le sue copie in qualsiasi battaglia nei cieli. Un film ‘d’autore più che un cartone animato dove Oshi riporta le sue tradizionali ossessioni linguistiche, e le spinge ad una naturale evoluzione metascientifica. Se i conflitti esistenziali nei suoi precedenti "Ghost in the shell" ed "Innocence" erano impersonati da androidi e cyborg che usavano la loro coscienza binaria per trascendere il loro freddo corpo metallico, qui Oshi fa il processo contrario, la trascendenza è quella della carne e la ricerca spirituale e filosofica e ridotta alla noia indotta dalla perenne rigenerazione, rispetto ai cyborg dei film precedenti questi cloni però rivelano l’assenza di stimolo vitale, ed ormai si rivelano più di altre creature di Oshi fantasmi in gusci di carne. Un film che si avvale di magnifiche scene di battaglia aeree in cui vengono usate rielaborazioni fantasiose di tradizionali aerei da guerra del secondo conflitto mondiale, con una qualità della computer grafica che rende difficile distinguere il virtuale dal reale. L’animazione bidimensionale invece sembra ridotta al limite, i movimenti sono quasi inesistenti ed i personaggi sono per lo più silenziosi e statici, questo rende lo spettacolo tremendamente noioso ma non privo di spunti interessanti. L’ambientazione poi si rivela un evoluzione della recente steampunk, mantenendo i codici del genere ma rinunciando al gusto ottocentesco per una visione anni 30-40.

Se Hayao Miazaky, Katsushiro Otomo e Satoshi Kon spingono , ognuno alla sua maniera, il cartone giapponese verso il kolossal imponente, colorato ed adrenalinico, Oshi rifiuta la convenzione e sprofonda nel grigio e nella staticità, tavolta quasi mortale, per un racconto più cerebrale che sensoriale ma certamente degno di segnalazione.

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