II padre fondatore della Hard boiled school, la "scuola dei duri", ovvero del poliziesco d’azione all’americana, fu Dashiell Hammett, che, come si accennava sopra, portò al limite estremo la narrativa d’azione, facendone un ner-voso susseguirsi di emozionanti avvenimenti, sulle pagine della rivista Black Mask. E’ sulla medesima rivista che inizierà a scrivere Raymond Chandler, ed a lui si deve anche una ricerca teorica sulla narrativa poliziesca, che rappresenta di fatto il "manifesto" dell’hard boiled. Peccato che la verve polemica con cui è condotta la sua teorizzazione lo porti a sostenere le tesi del realismo della scuola d’azione, di contro ad un presunto "idealismo" del poliziesco classico, basato sulla presunta deduzione logica e sul gioco "enigmistico":
"C’e un romanzo di Dorothy Sayer in cui un tale viene assassinate mentre è solo in casa di notte per mezzo di un peso sganciato da un meccanismo il cui funzionamento è provocato dall’abitudine della vittima di accendere la radio sempre ad una certa ora, di porsi davanti alla radio sempre in una certa posizione e di chinarsi fino a quel punto preciso. Un paio di centimetri di scarto da una parte o dall’altra, e i lettori resterebbero a bocca asciutta. Questo, volgarmente, si chiama "avere il Padreterno dalla propria parte"; e a un assassino che ha bisogno di tanta collaborazione da parte della Provvidenza, io consiglierei di cambiar mestiere.
C’e poi un libro di Agatha Christie, imperniato su Hercule Poirot, l’ingegnoso belga che parla come una traduzione letterale dal francese eseguita da uno scolaretto delle medie. Qui, dopo aver fatto debitamente funzionare le sue "piccole cellule grigie" il signor Poirot decide che nessuno, su una certa vettura letto, può aver compiuto il delitto da solo, e perciò tutti l’hanno commesso insieme, suddividendo il processo in una serie di operazioni semplici, come il montaggio di uno sbattiuova. Questo e il genere di intreccio che senza dubbio metterà fuori combattimento le intelligenze più poderose. Solo un deficiente potrebbe indovinare come sono andate le cose". (Raymond Chandler La semplice arte del delitto, A. Mondadori editore, 1988, vol. n, pp. 740-741)
Mentre, invece:
"Hammett ha tolto il delitto dal vaso di cristallo e l’ha gettato nei vicoli: non e indispensabile che vi rimanga per sempre, ma è stata una buona idea portarlo, tanto per cominciare, il più lontano possibile dal Manuale delle buone maniere di Emily Post, e dai suoi precetti sul come una compita debuttante deve mordicchiare un’ala di polio". (Ibid, p. 745)
Indubbiamente il cambiamento tra una scuola di poliziesco e l’altra è omologabile ad uno spostamento verso un’ambientazione apparentemente più reale, ma, sia in Hammett che poi in Chandler stesso, ci troviamo di fronte ad opere che fanno da specchio al reale, ma, come in ogni opera d’arte, l’immagine riflessa è distorta, deformata, offuscata dall’occhio che guarda. Di fatto, anche nei termini stessi usati da Chandler, nella stessa accezione di realismo, né Hammett né lui stesso hanno portato il realismo nella letteratura poliziesca, bensì trasposizioni di elementi colti dal quotidiano e filtrati dall’immaginazione.
A nostro avviso, quindi, ciò per cui vale la tesi di Chandler è da intendersi rispetto al "verosimile", o, se si vuole, al "realismo poetico", non al realismo tout court. Come sostiene Austin Freeman, il poliziesco è un romanzo di analisi che, forse unico, riunisce le qualità della mente e dei sentimenti e quindi può essere considerato come la forma più evoluta di letteratura (almeno in termini teorici).
Ci sarebbe di che dissentire su svariati punti del suo "decalogo", in primis sulla stessa necessità di regole rispetto ad un’opera, catalogabile o meno in qualche genere prefissato. Fortunatamente, i romanzi chandleriani sono meno filosoficamente limitati delle sue speculazioni teoriche. Il problema di fondo, ci sembra, è che Chandler tenti in qualche modo di giustificare e portare ad esaltazione il capovolgimento effettuato rispetto alla scuola "giallistica" precedente, oltre a cercare di svincolare la stessa letteratura gialla dalla ristretta accezione di "letteratura di intrattenimento". E allora fornisce a se stesso e agli altri, gli strumenti indispensabili per fare sì che l’"oggetto" possa funzionare, ma allo stesso tempo lo limita ponendogli degli angusti confini che egli stesso, per buona sorte nostra e della letteratura, non mette in pratica. Epigono dell’hard boiled school, anche se di ben inferiore talento e, per giunta, di idee reazionarie, è Mickey Spillane, l’ideatore di Mike Hammer, che lo stesso Chandler defini "mediocre autore da fumetti", ma che, di fatto, disprezzato o meno, si colloca come propaggine della scuola d’azione (seppure senza alcun contenuto di denuncia sociale).
Ultima notazione: chi ha letto James Ellroy (Dalia nera, White Jazz, II grande nulla, ecc), forse ha ritrovato un modo di scrivere, di affrontare la realtà della malavita, della corruzione, della sostanziale solitudine dell’indivi-duo e delle sue solitarie scelte, che ci azzardiamo a vedere come erede contemporaneo di Chandler.
In collaborazione con il Circolo del Cinema Uicc Cult Movies (Roma).