David Gordon Green ci regala un film drammatico assolutamente preciso nella caratterizzazione dei personaggi, pulito nella resa delle loro azioni ed asciutto nell’esposizione delle emozioni e delle sofferenze. In questo film non c’è nulla di particolarmente originale o innovativo, nulla di straordinariamente spettacolare e nulla di particolarmente rivoluzionario e forse proprio per questo il lungometraggio di Green è una delizia per l’amante del cinema. Ogni cosa è dosata al punto giusto per una tragedia moderna e proletaria di piccoli perdenti violenti dal cuore buono, lo spettatore viene travolto da un film cupo ed immersivo, una storia di alcolismo, emarginazione, sconfitta sociale e difficoltà di amare che definisce e disegna quasi alla perfezione ogni personaggio regalando allo spettatore due ore di cinema intelligente e coinvolgente dove le più antiche regole del dramma teatrale trovano un palcoscenico moderno ed essenziale per esprimersi con intensità e poesia. La regia di Green e la resa degli attori mantiene sotto tensione lo spettatore per tutto l’arco narrativo e regala una percezione dell’America dei perdenti e degli invisibili di rara fattura e qualità.
Daniele Clementi