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CANNES 2009 "Inglorious basterds" di Quentin Tarantino (Usa 2009)

LocandinaQuentin Tarantino piace proprio a tutti, anche a Pedro Almodovar che questa mattina era seduto davanti a me alla proiezione finale del nuovo film del geniaccio americano e che è stato fra i primi ad applaudire divertito alla fine della proiezione. Tratto dal film italiano di Enzo Girolamo Castellari "Quel maledetto treno blindato", il nuovo film di Tarantino non è un vero remake ma una radicale rielaborazione dell'opera originale, talmente complessa da risultare quasi incredibile che sia partito dal film di Castellari per creare questo sublime gioco di gusto cinefilo fra la storia del cinema della seconda guerra mondiale e la mitologia cinematografica del secondo conflitto nata e sviluppatasi nel dopoguerra. Riutilizzando molti brani che Ennio Morricone creò per spaghetti western a low budget negli anni 60', Tarantino racconta in modo assolutamente western la seconda guerra mondiale, l'olocausto, l'occupazione francese, la resistenza ed il terzo reich. Naturalmente tutto il film è un grandissimo gioco divertito e divertente, un gioco talmente esplicito e condiviso dallo spettatore da potersi perfino permettere di riscrivere in modo imprevedibile e gustosissimo la storia della seconda guerra mondiale, un mondo rifatto secondo i suoi bisogni ma così esplicito e geniale nella rielaborazione da stupire e divertire. La storia comincia con una scena che sembra presa dal film di Sergio Leone "Il buono, il brutto e il cattivo" dove un magnifico bastardo nazista (abituatevi a questa parola perchè oltre ad essere il titolo del film è un collante indispensabile nel racconto) con crudeltà inaudita e diabolica genialità massacra una famiglia di ebrei in fuga, salva solo una bambina, l'errore cruciale che farà cadere il domino del Reich. La scena che segue è puro cinema in salsa Tarantino, un monologo straordinario di Brad Pitt che motiva la sua squadra speciale "I bastardi senza gloria" alla resistenza "apache" in Francia, con tanto di torture ai nazisti e scalpi strappati agli ufficiali delle SS ancora agonizzanti.
Ma nel film c'è più di tutto il grande Cinema, sorprendente e divertentissimo vedere iprotagonisti fra un massacro e l'altro parlare di Pabst, della Riefensthal e di David O'Selznick, Tarantino ci regala attrici spie che fanno il doppio gioco, critici cinematografici in missione militare per conto di Churchill, e nazisti così cattivi ed infami da non poter essere che un piacere vederli fatti a pezzi dai "bastardi" di Brad Pitt, merita una menzione il regista Eli Roth che ci regala un interpretazione straordinaria e divertente e lo stesso Brad Pitt che per fingersi una controfigura cinematografica fascista, con un italiano terrificante, si atteggia ad un ibrido fra Benito Mussolini e Vito Corlenone del "Padrino". Il film è un affresco colto e raffinato sulla cinematografia della seconda guerra mondiale e sulla sua iconografia aggiungendo strepitosi momenti di cinema di genere alla Sergio Leone.
In realtà sembra che Tarantino voglia esorcizzare l'idea dell'Olocausto non certo negandolo ma trasformandolo e cambiando la storia della seconda guerra mondilae con un solo evidente scopo, comunicare alle nuove generazioni che solo agendo con risolutezza e determinazione si salva la propria libertà e che solo fiducia in se stessi e profondo senso critico delle istituzioni si può evitare la venuta di una nuova dittatura o un nuovo Olocausto, insomma giocando con la morte e la violenza tarantino gira un film splendido che oltre a divertire ed emozionare sarà un sano e gustoso schiaffo morale a tutti i neonazisti e a tanti ragazzetti che anche in Italia pensando che vestire di nero e rasarsi la testa sia un modo per essere più fighi, forti e duri e per dimostrae agli altri di essere diventati uomini, che si guardassero cosa pensa di loro Tarantino che da sempre è un mito anche per questi ragazzi.
Non manca nel finale una bella critica al governo americano che dopo la seconda guerra mondiale aprì le porte a nazisti e fascisti facoltosi o dal cervello prezioso dimostrando totale indifferenza per la connivenza e la complività che aveavno dimostrato durante i giorni dell'Olocausto. La scena finale interamente ambientata in un Cinema (di cui non posso dirvi nulla per non rovinare il gusto della visione) è per lo spettatore una giustizia appagante e purificante che coinvolge e diverte con grandissimi momenti di genialità cinematografica ed autoriale.
Daniele Clementi