Forse qui deluderò chi vorrebbe condannare senza speranza Lars Von Trier ma non posso assolutamente bocciare l’ambizioso e provocatorio porno dramma del regista danese ed ora che è finalmente uscita la seconda ed ultima parte direi che l’opera nella sua completezza non è poi così male. Naturalmente stiamo parlando di un film medio del regista danese e quindi non sarà probabilmente la pietra miliare della sua carriera, naturalmente la provocazione/trovata pubblicitaria delle nudità in taglio pornografico contribuiranno a rendere meno diffuso negli ambienti più formali ed accademici il film ma resta il fatto che Lars Von Trier ha fatto il suo lavoro d’autore in modo pulito, preciso e perfino più chiaro di tante altre occasioni. In fin dei conti la condanna alla nudità integrale, alla raffigurazione in scena del sesso e della perversione daranno fastidio a tanti bigotti moralisti ma non è in alcun caso il problema del film almeno non dal punto di vista etico e culturale. La critica che si può muovere più concretamente è caso mai la banalità di alcuni dialoghi che pur essendo molto alti risultano talvolta perfino asettici e banali, trovo infatti molto più fastidiose le disgressioni filosofiche e letterarie che il film si concede delle scene pornografiche in tutta la loro spregiudicata furbizia commerciale. L’oscenità, se proprio la si vuole trovare, può stare di più nella gratuità di alcune riflessioni pseudo filosofiche e sociologiche che lasciano un pochino il tempo che trovano e che solo in alcuni casi sono abbastanza interessanti ed originali da obbligare lo spettatore a fermarsi a riflettere, più spesso sono un catalogo di nozioni che accompagnano e danno lustro alla “scopata” che le precede o le segue. La qualità degli attori e le capacità di regia di Lars Von Trier sono invece come sempre una garanzia per uno spettatore in cerca di un prodotto più alto della media ed anche alcune scelte di taglio registico sono davvero notevoli e sopra la media europea contemporanea. Alla fine considero “Nymphomaniac” un tentativo intelligente di commercializzare il cinema d’autore dove il più grande errore non sta tanto nella pornografia ma nella scelta di dover spiegare esplicitamente ed intellettualmente la stessa lasciando troppo poco su cui lavorare allo spettatore.
Daniele Clementi