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" L'uomo di vetro " di Stefano Incerti (2007)

" L’uomo di vetro " di Stefano Incerti (2007)

Recensione di Marina Pianu

 

come si racconta la storia? si puo’ scegliere di lasciarsi guidare dalla
traccia degli eventi ("waterloo", "1860"), oppure dalle vicende di singoli
protagonisti, vincitori ("l’ascesa al potere di luigi xiv") o vinti
("spartacus"), oppure ancora seguendo il percorso plurigenerazionale di un
gruppo di non-protagonisti ("la famiglia", "novecento"). c’e’ pero’ chi
sceglie di raccontare la storia concentrandosi non sugli eventi bensi’
sull’evoluzione (o declino) di un’anima.

chi arriva in sala sapendo "picca e nenti" dell’argomento, scopre, man mano
che la storia si srotola davanti agli occhi, l’attualita’ e la portata
storica di quel che vede. in una palermo dove, in questi giorni, i cittadini
onesti stanno ancora festeggiando l’ultima, piu’ clamorosa retata di mafiosi
di grosso calibro, lo spettatore viene riportato in un’epoca in cui la lotta
alla mafia non era ancora supportata da leggi ad hoc, in cui non c’era
protezione per i "pentiti", i magistrati non avevano scorte, e il garantismo
era un sogno lontano. questa e’ la vicenda di leonardo vitale, leonuzzu,
primo pentito di mafia.

arrestato per coinvolgimento, involontario, in un sequestro, spaventato
leonuzzu fa subito i nomi degli "amici", ma, poi ancor piu’ spaventato,
subito ritratta. seguono 43 giorni di isolamento che lo macerano al punto che
quando finalmente viene liberato la sua mente e’ sconvolta e la sua anima
continua un percorso declinante di depressione, sensi di colpa e vivo
terrore. a tutelare la sua (relativa) incolumita’ c’e’ lo zio titta, che sul
capezzale del fratello aveva giurato di proteggere il nipote, ovvero di
prolungargli la vita. proprio per mantenere la parola data, spedisce il
nipote, onde evitare che si scarichi la coscienza, in una clinica
psichiatrica dove leonuzzu subisce una serie di elettroshock (altra cosa di
quei tempi…).

passa un anno. leonuzzu e’ ormai considerato da tutti un idiota, e forse lo
e’, ma in un momento di mistica illuminazione sfugge alla sorveglianza e
corre al commissariato per "vuotare il sacco". lo fa lucidamente, con metodo,
ricordando con massima precisione ogni dettaglio. per gli inquirenti si
rivela un prezioso testimone, le sue rivelazioni offrono un quadro completo
della struttura mafiosa, dell’organico, delle modalita’. al magistrato che
dubita della veridicita’ del racconto, leonuzzu offre il dettaglio chiave. da
questo momento fioccano i nomi illustri, scattano le manette, anche per lo
zio, e scorrono gli interrogatori negli uffici di giustizia panormiti.
leonuzzu e’ sereno, allegro, ha ritrovato la fede in dio e nulla sembra
ferirlo piu’.

sorretto dalla intensa e misurata interpretazione di david coco, leonuzzu puo’
assomigliare all’innocente protagonista del racconto pasoliniano "la sequenza
del fiore di carta" ("amore e rabbia", 1969); pur essendosi macchiato di
delitti, per provare allo zio di essere diventato un "uomo d’onore", leonuzzu
e’ un essere innocente in un mondo malvagio. solo la sua innocenza puo’
salvarlo, a patto di fare l’idiota. non si capisce mai fino a che punto lui
reciti e fino a che punto tutto il processo criminale per minare la sua
testimonianza lo renda poi tale.

tutto si puo’ dire di questo film tranne che sia duro. non si cura molto di
descrivere veristicamente l’ambiente siciliano o mafioso (e’ leonuzzo a
guidarci nei meandri del "sistema"). non si cura di descriverci un mondo che
infetta anche cio’ che e’ sano (semmai e’ il sano a diventare pazzo).
piuttosto sembra concentrarsi quasi esclusivamente, con tagli sempre piu’
claustrofobici, sulla storia della vittima, sulla sua lenta e angosciante
decadenza fino all’oblio. questa focalizzazione non e’ un difetto: un film
sulla mafia rischierebbe di cadere nel gia’ detto e nella reiterazione
coatta. partendo dal particolare, visto sotto lente d’ingrandimento, , ed
evitando di enfatizzare il lato mostruoso di quel mondo, incerti rischia di
dire molto di piu’ e di parlare al pubblico del xxi secolo, soprattutto a
quel pubblico che non c’era. solo una didascalia finale ci informa del
tragico fato di leonardo vitale, firmata giovanni falcone, riportando la
storia particolare nel grande disegno della storia.

non si colgono sbavature; gli interpreti sono tutti all’altezza del compito, a
principiare proprio da david coco che riesce a dare al suo personaggio
quell’espressione sempre un po’ fuoril posto, un po’ stupita, e molto
impaurita. egregio l’ormai collaudato sperandeo, minimale ed esplosivo come
un samurai siciliano che vorremmo poter condannare ad occhi chiusi e sulle
cui responsabilita’ nella vicenda non riusciamo mai a precisare. unica
piccola pecca, a mio avviso e’ il commento musicale: salva fatta per due
canzoni in siciliano, dal sapore popolare ma non etnico, la musica di
sottofondo non assomiglia affatto ne’ alla musica ne’ alle colonne sonore dei
tanti film di mafia e gangster all’italiana degli anni ’70. il lieve fastidio
di primo impatto si smussa nella considerazione che qualunque colonna sonora
e’ un artificio e "l’uomo di vetro" non vuole essere un filologico film
storico.

CREDITI
 
Regia: Stefano Incerti.
Sceneggiatura: Heidrun Schleef e Salvatore Parlagreco dal suo romanzo omonimo.
Uscita ufficiale nel paese d’origine: 16 giugno 2007 (ITALIA)
Interpreti principali –
David Coco : Leonardo Vitale
Tony Sperandeo : Zio Titta
Anna Bonaiuto : Rosalia Vitale
Antonio Bruschetta : Bruno Cantone
Produttore: Mario Rossini.
Colonna sonora originale: Andrea Guerra.
Direttore della fotografia: Pasquale Mari.
Montaggio: Cecilia Zanuso.