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“Three Billboards Outside Ebbing, Missouri” di Martin McDonagh, Usa (Venezia 2017)

La vendetta è un piatto da consumarsi freddo”: il famoso detto non si addice al film di Martin McDonagh, commedia “noir” interpretata magistralmente da Frances McDormand. Mildred è una madre che da pochi mesi ha perso la figlia adolescente, stuprata e uccisa da ignoti. La donna entra subito in scena con lo sguardo truce e l’espressione fredda che l’accompagnerà per tutto il film. E una colonna sonora da far-west. Nella ricerca della verità – e forse della vendetta – non arretrerà davanti a niente. Tre enormi cartelloni pubblicitari inutilizzati ai lati di una strada secondaria le fanno venire l’idea di pagarsi questi spazi per protestare contro l’inettitutine – o l’inerzia – della polizia. A nulla servono i tentativi di farla ragionare: né disagio del figlio, né la rabbia dell’ex-marito e neppure le condizioni di salute dello stimato sceriffo della contea, che le confessa di essere gravemente ammalato, sembrano placare il suo desiderio di ottenere giustizia, in un modo o nell’altro. In realtà Mildred non ha un piano, brancola nel buio, come in un giallo mal scritto, e man mano che la vicenda si complica con eventi sempre più cruenti, diventa sempre più fanatica nel suo girare a vuoto.

Il colpevole non verrà trovato, ma qualcosa alla fine succede: due derelitti, entrambi sopravvissuti a una devastazione, si mettono in viaggio insieme per regolare dei conti…Questa la vicenda.

Cosa rende avvincente il film? Il ritmo, la non prevedibilità, la recitazione della McDormand (da premio) e di Woody Harrelson (lo sceriffo). Quest’ultimo è un personaggio secondario, ma lascia una traccia importante nel film per la sua interpretazione asciutta e dolente. Da una scelta irreversibile dello sceriffo prenderà l’avvio un cambiamento in Mildred, che non potrà più odiare tutti e procedere sul cammino di una vendetta acefala, nutrita da una rabbia sorda e persistente. Ciò che la rende tale non è solo il dolore per la perdita della figlia ma quanto l’ha preceduta: la madre le nega la macchina, la figlia le dice che allora andrà a piedi sperando di essere struprata e la madre glielo augura…

Mildred è una donna ferita, abbandonata dal marito per una ragazza giovanissima, che si trovava nel pieno di un aspro conflitto con una figlia capace di sparare a zero sulla madre come solo gli adolescenti sanno fare…Un rimorso impossibile da sentire è soppiantato da questa rabbia che cresce come un lievito maligno, come se Mildred fosse alla ricerca di un esito fatale anche per se stessa.

Cosa rende interessante questo film? L’intelligenza, la pregnanza e l’umorismo dei dialoghi. Ma anche la rappresentazione della deriva sociale della provincia americana nell’era di Trump ( molto più efficace che in altri film più didascalici, come Suburbicon) e del potere dei media che riescono a rendere le persone vittime o carnefici a loro piacimento toccando le corde del sentimentalismo e della retorica. E infine, la capacità del regista di regalarci personaggi con diverse corde, dove il buono e il cattivo si mescolano continuamente. Il fuoco divampa in molte scene e la catastrofe si avvicina, con il suo potere catarico. Ma ogni tanto qualcuno si riscatta con un gesto gentile e imprevisto, come quello della vittima del poliziotto violento che in ospedale gli offre da bere un’aranciata. Oppure, la natura con la sua bellezza dà una mano, come quando un daino viene a brucare serenamente l’erba accanto ai cartelloni. Forse la vendetta non si compirà…il regista non ce lo fa sapere, come non sappiamo davvero come va a finire la nostra vita in questa età sempre più connotata dall’incertezza.

Una piccola stonatura, che perdoniamo a un film pregevole, è l’entrata in scena di uno sceriffo nero, deciso e incorruttibile, che caccia subito il poliziotto razzista. Bello invece lo sfogo di Mildred contro il sacerdote che visita la sua casa per ridurla alla ragione: se tu prete fai parte di una banda, sei colpevole anche se in quel momento il misfatto lo compie qualcun altro. Il riferimento alla pedofilia è esplicito e gli applausi in sala scattano spontanei.

Adriana Grotta

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