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"Water" di Deepa Mehta e "Moolaadé" di Ousmane Sembene

"Water" di Deepa Mehta e "Moolaadé" di Ousmane Sembene

Riflessioni di Marina Pianu

donne, tradizioni e tecnologia

le fiabe e le parabole ci hanno insegnato che per parlare di cose troppo vicine bisogna andare molto lontano. vedere film sulla condizione della donna in paesi "in via di sviluppo" (che numero civico?) ha due effetti: quello consolatorio di farci sentire meglio e quello subliminale di farci pensare che se atene piange, sparta non ride.
"water" (di deepa mehta) e "moolaadé" (di ousmane sembene) affrontano entrambi il tema della repressione femminile attraverso pratiche dolorose, ingiuste, umilianti, giustificate da discutibili dogmi religiosi (discutibili perche’, ad una attenta e rigorosa analisi, i testi sacri non giustificano affatto queste pratiche). in entrambi i casi si capisce che il pretesto religioso cela in realta’ motivazioni socio-economiche. in india, infatti, sin dai tempi piu’ antichi (ma non poi cosi’ antichi) le vedove hanno tre scelte, una peggiore dell’altra: gettarsi nella pira con il defunto marito; sposare il cognato, se c’e’; oppure relegarsi in una vita di privazioni vivendo di elemosine, relegate dal resto della popolazione e considerate "impure". in una societa’ dove i matrimoni vengono arrangiati sin dalla piu’ tenera eta’, vien da se’ che molte di queste vedove siano ancora bambine…

a ben guardare, questa pratica non si discosta molto dall’europea consuetudine di spedire i figli cadetti in convento per preservare l’integrita’ del patrimonio famigliare e occupare al tempo stesso posizioni di potere all’interno della chiesa. ma se l’obbligo, in occidente, ha generato mostri tra le vittime, il sacrificio di bambine genera soprattutto sofferenza inutile e degenera, cosi’ suggerisce il film di mehta, in devianze che allontanano dallo spirito della legge religiosa (v. prostituzione di giovani avvenenti vedove per arrotondare" i magri guadagni dell’elemosina). la salvezza, pagata a caro prezzo, giunge attraverso lo sguardo di occhi esterni, dall’afflusso di idee nuove portate dagli stessi poteri da cui l’india alla fine si salva.

"moolaadé" invece ci pone davanti ad un altro, ormai ben noto problema, quello dell’infibulazione / escissione. qui, al contrario che in "water", tutta la tensione narrativa si basa sulla ribellione di una donna, che poi contagia tutte le altre, e sulla ri-conquista delle donne della loro integrita’, fisica e morale. lo scontro si divide e intreccia tra la difesa/rottura delle tradizioni e l’introduzione di mezzi di comunicazione occidentali (radio), che consentono alle donne di aprire la loro mente. non a caso, una donna davanti al rogo di radio esclamera’: vogliono chiuderci il cervello! e non a caso, malgrado la repressione in atto con i mezzi piu’ feroci, le idee nuove entrano con maggior forza dirompente nel villaggio, dove prevedibilmente (e metaforicamente) l’antenna televisiva finisce per rimpiazzare l’uovo sacro della moschea.

per noi occidentali, gia’ avvezzi agli aspetti deleteri dei mass media, questo rimpiazzo non sembra una grande conquista, ma dimentichiamo che radio e tv non sono che strumenti: quegli aspetti deleteri non sono connaturati ma derive culturali determinate da esigenze di mercato e di potere. come nel villaggio africano, anche nell’india pre-1948 la sfida alle ataviche tradizioni viene da contaminazioni con l’esterno attraverso questi stessi strumenti che, invece, nel nostro mondo, oggi, sembrano operare in senso inverso in occidente: si fanno portatori nuovi di vecchi preconcetti fondati su "testi sacri" letti male e male interpretati a uso e consumo di chi detiene il potere. per esempio, la famiglia, cosi’ bistrattata dal capitalismo e dal consumismo, cosi’ frastagliata e sfruttata dal "divide et impera" del potere teo-economico, viene resuscitata in una fantomatica e inesistente forma per arginare il danno di pericolose contaminazioni con culture e soluzioni sociali piu’ elastiche all’evoluzione dei tempi.

non sto facendo giustizia alla bellezza intrinseca delle due pellicole (piu’ ruvida e genuina quella africana, piu’ rifinita e sentimentale quella indiano-canadese). ho solo cercato di unire i puntini…

per inciso e per traverso:
http://www.brightlightsfilm.com/28/water.html
(quello che e’ successo al set di deepa mehta)