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FILMGREED16: Evento Speciale per il 150° Anniversario delle relazioni tra Giappone e Italia

Giovedì 13 ottobre 2016
FILMGREED16: Evento Speciale per il 150° Anniversario delle relazioni tra Giappone e Italia

Scarica il programma del cinema in pdf

Scarica il volantino della conferenza

Cinema Mignon, Via Martiri della Liberazione, 131, 16043 Chiavari GE

La manifestazione aprirà con un evento speciale la seconda edizione di FILMGREED rassegna di cinema di qualità ad ingresso gratuito a Chiavari. Il 13 ottobre saranno proposti ad ingresso gratuito nel pomeriggio ANIME LAND di Francesco Chiatante e LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT di Gabriele Mainetti. I film del pomeriggio esporranno gli effetti della cultura popolare giapponese (in particolare i cartoni animati degli anni 70 sulle nuove generazioni di registi e documentaristi italiani) in chiusura alle 21.30 sarà proiettato gratuitamente ed in anteprima regionale TOKYO TRIBE di Son Sion su gentile concessione della Tucker Film ed in collaborazione con il Far East Film Festival di Udine.
Questo film rappresenterà il Giappone della cultura popolare contemporanea ed il rapporto fra immagine filmata, musica e fumetto nell’immaginario giapponese.
Evento inserito nelle celebrazioni ufficiali del 150° Anniversario delle relazioni tra Giappone e Italia.

15.30
ANIMELAND
di Francesco Chiatante, Italia 2015, 93 min.

Un Viaggio tra Manga, Anime e Cosplay attraverso ricordi, aneddoti e sogni di
personaggi degli ambiti più disparati (attori, registi, cantanti, scrittori,
disegnatori, giornalisti, creativi) il cui immaginario e la cui vita sono
stati influenzati da fumetti e cartoni animati. Non un documentario
esclusivamente per gli appassionati ma un vero e proprio spaccato della
società che spesso ancora oggi si intende come “sottocultura”. Fra i tanti
interpreti: Valerio Mastandrea, Paola Cortellesi e Caparezza ma anche Shinya
Tsukamoto, Masami Suda e Yoshiko Watanabe.

17.30
LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT
di Gabriele Mainetti, Italia 2015, 118 min.

Enrico Ceccotti entra in contatto con una sostanza radioattiva. A causa di un
incidente scopre di avere un forza sovraumana. Ombroso, introverso e chiuso in
se stesso, Enzo accoglie il dono dei nuovi poteri come una benedizione per la
sua carriera di delinquente. Tutto cambia quando incontra Alessia, convinta
che lui sia l’eroe del famoso cartone animato giapponese Jeeg Robot.

21.30 – PRIMA VISIONE ANTEPRIMA REGIONALE
TOKYO TRIBE
di Sono Sion, Giappone 2014, 116 min.

In un futuro distopico Tokyo è una Babilonia psichedelica di gang rivali che
guerreggiano a colpi di hip hop. Lo scontro è sempre dietro l’angolo e il
delirio aumenta quando Lord Buppa, un boss della malavita dedito al
cannibalismo, decide di rapire la figlia di un sacerdote straniero. Da quel
momento si scatena una lotta anarchica fra la miriade di tribù che popolano i
quartieri della capitale con samurai a bordo di carri armati, punk armati fino
ai denti, riot girls e gangsta rapper. Tratto dal manga di Santa Inoue, Tokyo
Tribe è un viaggio pop che contamina il musical con il pulp e il western con
il softcore, travolgendo lo spettatore in un vortice inarrestabile di
invenzioni e stili.

L’evento proseguirà domenica 19 a Camogli alle 17.00 (Aula Magna Istituto
Tecnico Nautico San Giorgio, via Bettolo 17) con la conferenza:

L’INCREDIBILE STORIA DEL RAPPORTO FRA IL CINEMA GIAPPONESE ED ITALIANO – DALLA
SFIDA DEL SAMURAI A JEEG ROBOT
A cura di Daniele Clementi – Presidente UICC (Unione Italiana Circoli Cinema)
Introducono Chiara Zucchetti e Martina Capuano

La cultura giapponese ha profondamente influenzato il costume collettivo italiano delle ultime generazioni.
Negli anni l’immaginario cinematografico italiano subì fortissime influenze dall’industria cinematografica giapponese grazie ai film di samurai di Akira Kurosawa.
Molte generazioni di italiani hanno imparato a conoscere usi e costumi del Giappone attraverso i cartoni animati ed i fumetti aprendo le porte ad un vero e proprio mercato specialistico, dal canto suo l’Italia ha condizionato l’immaginario iconografico giapponese con i suoi prodotti di genere e le sue mete turistiche. I film western e polizieschi italiani degli anni 70 hanno invaso il mercato giapponese ed ottengono ancora oggi un discreto risultato sul mercato home video.

Dieci anni dopo nasce AKIRA: la rivista digitale di Cinema

akira-001-coverClicca qui per scaricare gratis la rivista

Era il 30 settembre 2006 quando, a cinque anni dalla fondazione del Circolo del Cinema UICC Dodes’ka-den, nasceva il blog dell’associazione. In dieci anni la rete è l’editoria sono molto cambiate e tanti nuovi supporti mediali si sono sviluppati. In occasione dei 15 anni del Circolo del Cinema, dei 65 anni dell’Unione Italiana Circoli Cinema e dei 10 anni del nostro blog abbiamo deciso di creare una nostra rivista digitale di Cinema dedicata al grande maestro giapponese da cui già avevamo preso il nome del Circolo: AKIRA KUROSAWA. Da qualche anno abbiamo cominciato a diffondere la nostra attività di promozione su Facebook attraverso la nostra pagina AKIRA ARTE E CINEMA ed ora abbiamo deciso di unire le risorse del blog e della pagina Facebook in una rivista di cultura digitale cinematografica, un quaderno di cinema che ospiterà recensioni dai principali festival del Cinema internazionali. Il primo numero sarà dedicato al festival di Cannes ed alla Mostra del Cinema di Venezia con i contributi della nostra collaboratrice storica Antonella Mancini, delle “new entries” Adriana Grotta e Silvia Degli Abbati e del presidente della UICC Daniele Clementi.

Buona lettura.

 

“Dark night” di Tim Sutton, Usa 2016 (Mostra del Cinema di Venezia)

Doppia recensione per il film di Tim Sutton: Adriana Grotta e Silvia Degli Abbati ci scrivono la loro.

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Recensione di Adriana Grotta

“The dark night” ci offre un’ampia panoramica sul tempo (libero?) della gioventù americana, rappresentata attraverso scene della quotidianità che passano lente sotto la macchina da presa. Skateboard, giochetti, chitarre, qualche lavoretto, ginnastica, selfie, videogiochi: tutto scorre in un luogo indefinito, che ci ricorda l’America “senza parole” del pittore Edward Hopper, dove le relazioni sembrano inesistenti. La notte verrà, alla fine del film, e cio’ che succederà in una multisala, dove il destino ha riunito i giovani “spiati” durante il giorno, possiamo solo intuirlo e sarà tremendo. Ecco il dark side di una società di giovani ” normali” che vive “alla giornata” apparentemente senza dare un senso alla propria vita. Tutti i giovani hanno un’espressione indecifrabile, non ci è dato immaginare i loro pensieri. Uno solo di loro, studente, seduto sul divano del suo salotto insieme alla madre, dice qualcosa di sé a un fantomatico intervistatore (psicologo, assistente sociale, giornalista?). Ma continuiamo a capire poco: la nebbia non si dirada. Se Aaron – l’unico con un nome – ha una madre iperprotettiva, per ammissione della stessa, gli altri sembrano vivere in un mondo senza adulti, inconsistenti o assenti. I padri non ci sono, l’unico che compare è abulico e non dice una parola al suo bimbo piccolo. Al posto della funzione “paterna” compare la canna del fucile, attraverso una varietà di armi usate in un tiro a segno, lustrate e preparate con grande cura. E sul viso di uno dei ragazzi, nell’ultima scena del film, compare finalmente un sentimento vitale, una sorta di gioia eccitata nell’attesa di quello che sta per succedere e che riempirà di significato la sua vita, dandogli la notorietà che ha lungamente sognato. E su quegli occhi finalmente vivi si chiude il film, lasciando a noi il compito di immaginare la carneficina prossima ventura. Un film forte, che affronta il tema della disponibilità di armi nella società americana, declinandolo in modo molto diverso dal famoso ” Bowling a Columbine” di Michael Moore. Qui le immagini, le allusioni, le suggestioni, là le parole di denuncia. Qui si vuole arrivare a toccare la sensibilità dello spettatore senza proporre soluzioni. Basterebbe vietare la vendita delle armi, come Obama ha provato a fare con scarso successo, per fare ritrovare a una generazione di Americani il senso della propria esistenza? La risposta non sta in questo film, che si limita a prendere lo spettatore portandolo “dentro” le vite dei ragazzi attraverso immagini – e musiche – potenti, dove cieli, strade, case, alberi e uomini, fanno parte tutti dello stesso paesaggio.

Recensione di Silvia Degli Abbati

Il film, drammatico, è ambientato in una provincia americana e racconta la giornata di 6 persone apparentemente alle prese con la quotidianitá. Vediamo giovani skaters impegnati in acrobazie, sballarsi con le droghe e giocare ai videogames. C’è una ragazza appassionata di fitness, ossessionata dal fisico e dai ‘selfies’. Il timido Aharon, intervistato assieme alla madre da uno specialista, forse perché colpevole di aver commesso un reato che non sappiamo, cerca di spiegare le ragioni del proprio disagio.
L’adulto, quando lo si vede, appare inadeguato al ruolo genitoriale, spesso incapace di comunicare con i figli. Emblematico è il veterano di guerra, amante delle armi, fanatico nel montarle, pulirle ma distaccato e anaffettivo verso il suo bambino.
In questa anonima comunitá di scialbe esistenze, tutto sembra scorrere lento e indolente. Ben presto ci si rende conto che le vicende si susseguono in un crescendo inquietante di rabbia, alienazione, in alcuni casi di vera follia, fino a culminare con il gesto estremo del protagonista che, a colpi di fucile, compierá nella multisala di periferia una carneficina.
Il regista, ispirandosi a un fatto realmente avvenuto in Colorado nel 2012, denuncia il diffuso possesso di armi presente ancora oggi in molti stati d’america perché riconosciuto come diritto. Insiste anche sulla fragilitá dei giovani, sulla mancanza di riferimenti stabili nella famiglia, nei pari, sull’incapacitá di gestire le frustrazioni e di credere in un progetto di vita. Malessere esistenziale ed apatia vengono descritte da Sutton in modo inusuale, attraverso una violenza intrinseca, silenziosa, mai ostentata. In una scena di forte tensione emotiva vediamo il protagonista, futuro attentatore, puntare la canna del fucile contro la ragazza da cui è attratto, desistendo infine perché non ancora pronto. Sutton è bravissimo nell’inchiodare lo spettatore alla poltrona, tenendolo con il fiato sospeso fino all’ultimo minuto. Le immagini sono di grande impatto visivo, frequenti sono i primi piani di dettagli apparentemente insignificanti, le musiche lente e ripetitive rendono il tutto ancora piú suggestivo. Bravissimi gli attori anche se per lo piú sconosciuti.

“Monte – Montagna” di Amir Naderi, Italia 2016 (Mostra del Cinema di Venezia)

27662-Monte_2Agostino è un contadino italiano del 1350 che lotta contro la montagna che oscura il sole del suo villaggio lasciando nel gelo e nel buio la sua comunità ed i suoi poderi. Agostino e la sua gente sono considerati dagli abitanti del rigoglioso villaggio vicino degli intoccabili, maledetti da Dio, e come tali disprezzati ed emarginati. Ogni giorno in Agostino cresce la rabbia e la disperazione per la sua condizione, la morte di una figlia, la scomparsa di un figlio e la fuga di tutti gli altri abitanti della sua comunità portano l’uomo nella più buia disperazione. Per risolvere questa mostruosa situazione basterebbe lasciare il villaggio, arrendersi e cercare un luogo migliore lasciandosi alle spalle tutto ciò che è stato costruito e che i suoi avi gli hanno lasciato, abbandonare i morti ed il loro ricordo per ritrovare il sole e la fertilità della terra. Agostino non è una persona che si arrende, un giorno in preda alla disperazione ed alla rabbia prende un martello e decide di sfidare la montagna ora dopo ora, giorno dopo giorno…

Amir Naderi racconta con la poetica di una fiaba ed il realismo visivo di un documentario la storia universale della natura della volontà umana e quei valori che fanno di un essere umano una contradizione meravigliosa della natura.

Daniele Clementi

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Consiglio Direttivo UICC 2015 – 2017

Nel corso dell’Assemblea Generale Ordinaria della Uicc, tenutasi a Roma, presso la propria sede legale, il 13 dicembre 2015, sono stati rinnovati gli organi direttivi.

Il Consiglio Direttivo della Uicc, riunitosi il 10 gennaio 2016, risulta attualmente così composto:

Presidente: Daniele Clementi

Segretario: Fabio Parente

Consiglieri:
Andrea Ciucci
Sebastiano Di Guardo
Piermario Mignone
Daniele Vidussi
Giuseppe Zito

Il Presidente ha inoltre assunto la carica di Tesoriere. Tutte le nuove nomine sono avvenute con delibera unanime.

“Suburra” di Stefano Sollima, Italia 2015

2015 - SUBURRAL’ultimo lavoro di Sollima in quanto film di genere che unisce il gangster movie al vengeance movie fa ripensare addirittura agli ultmi yakuza di Takeshi Kitano, il ciclo di OUTRAGE, che univa le regole del buon film di genere alla denuncia politica sulla corruzione e la complicità fra crimine organizzato e politica in Giappone. Se lo si guarda come si guarderebbe un film americano lo si apprezza e lo si gusta, se invece si vuol vedere come qualcosa di più impegnato, europeo, come il libro GOMORRA o il film (non la serie perchè li sempre Sollima segue di nuovo le regole dei generi americani) si potrebbe rimanere delusi e perfino irritati. Tutta la parte sulla complicità della banca vaticana è quasi irresistibile e ben congegnata nella commistione fra cinema di genere e cronaca politica. A volerlo trovare c’è un solo vero difetto, ma è una posizione profondamente personale, può essere discutibile che il lieto fine passi per le vendette personali di una vittima di usura e di una criminale tossicodipendente, io avrei preferito vedere sirene, manette, toghe, processi e condanne… insomma… Lo Stato che batte la mafia.
Daniele Clementi

Arriva #FilmGreed, la nuova manifestazione del Dodes’ka-den

good-morning

#‎FILMGREED‬
Realizzato dal Circolo del Cinema Dodes’ka-den e la UICC – Unione Italiana Circoli Cinema con il patrocinio e contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo – Direzione Cinema.

Pieghevole FilmGreed2015PDF

La manifestazione gioca sulle parole considerando la cultura cinematografica un’alimento indispensabile per l’organismo dello spettatore, Provocatoriamente, si sceglie di far nascere ed operare tale iniziativa in un momento in cui l’ideologia neoliberista sembra impoverire ed erodere ogni possibile forma di “alimentazione culturale”, grazie ad una filosofia dell’emergenza di crisi, forte del motto “con la cultura non si mangia”. La manifestazione è composta da una selezione di opere d’autore italiane ed europee inedite o difficili da reperire non solo nei cinema ma anche in home video e via web. La manifestazione contempla anche una sezione di classici del cinema non europeo che nel 2015 e nel 2016 sarà interamente dedicata al maestro giapponese Yasushiro Ozu.

Questa manifestazione è dedicata a PIA SONCINI.

 

“Anomalisa” di Charlie Kaufman e Duke Johnson, Usa 2015 (Venezia 2015)

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Tutto ebbe inizio nel maggio del 2013, quando la Starburn Industries lanciò una campagna web di finanziamento “kickstarter” per un cortometraggio di 40 minuti intitolato “Anomalisa” basato su una piéce teatrale di Charlie Kaufman. Per poter recuperare i fondi necessari al finanziamento del cortometraggio venne realizzato un video in cui la Starburn, attraverso pupazzi animati, sosteneva il finanziamento annunciandolo come l’opportunità di vedere un film di Charlie Kaufman libero dalle restrizioni imposte per ragioni di mercato dalle grandi case di Hollywood. Il cortometraggio trovò piccoli finanziatori indipendenti in rete ma anche l’interesse di imprenditori più grandi al punto da diventare un lungometraggio di animazione, ovvero il film presentato quest’anno alla Mostra del Cinema di Venezia. La piccola, oscena e banale, vita dell’anonimo conferenziere Mike è raccontata attraverso l’uso di pupazzi animati e computer grafica da Charlie Kaufman e Duke Johnson trasformando la banalità del suo tormento esistenziale e della sua solitudine interiore in un piccolo gioiello drammatico. Un film che, per confessione degli stessi autori, poteva essere realizzato in due mesi con attori in carne ed ossa e che ha invece richiesto a causa delle bellissime tecniche di animazione più di due anni di lavorazione. Il risultato finale è una straordinaria spettacolarizzazione dei momenti più ordinari e banali della vita anafettiva di Mike con l’opportunità di utilizzare gli espedienti dell’animazione per rappresentare in modo diretto e visivamente riconoscibile gli invisbili (nella vita reale) tormenti psicologici del protagonista. Tornano un pò tutti i temi ricorrenti del cinema di Kaufman, dall’omologazione dell’individuo in una società sempre più corporativa e disumanizzata fino ai grandi guru conferenzieri che forniscono risposte a tutte le domande della vita senza saperne vivere una propria. Questo non è il primo caso di animazione psicologica nordamericana che trova tra i suoi migliori rappresentanti “Waking Life” di Richard Linklater. I dialoghi sono taglienti e sottili ed in molti casi i giochi di parole e gli stessi lapsus freudiani dei protagonisti obbligano la visione del film in lingua orginale con sottotitoli, il doppiaggio non può che uccidere in questo caso il vero significato del film.

Daniele Clementi

“Krigen – A war” di Tobias Lindholm, Danimarca 2015 (Venezia 2015)

KrigenAfghanistan, il comandante di compagnia Claus Pedersen ed i suoi soldati stazionano in un piccolo presidio nella desolata provincia, intorno a loro solo deserto, campi minati talebani ed un piccolissimo ed umile villaggio. Danimarca, Maria Pedersen vive il suo quotidiano di moglie di un soldato badando ai figli ed alla casa, facendo i conti con gli effetti psicologici che i suoi tre bambini vivono per l’assenza del padre e sopportando in silenzio la paura di veder tornare suo marito in una bara. Durante il giorno, in Afghanistan, i soldati sotto il comando di Claus controllano il perimetro, aiutano gli afghani del villaggio, eliminano in modo chirurgico i talebani solo dopo aver avuto la piena certezza della loro identità come nemico, evitano di nuocere ai bambini che i guerrieri fondamentalisti usano come scudi, cercano di ritornare alla base sani e salvi. Durante la notte i talebani invadono il villaggio, terrorizzano i contadini, nascondono nuove mine ed uccidono chi si è mostrato troppo collaborativo con i soldati danesi. Un giorno, il comandante Claus si trova intrappolato nel villaggio con i suoi uomini, le armi pesanti dell’artiglieria talebana gli impediscono di avere una perfetta visuale sull’ubicazione del nemico, alcuni dei suoi ragazzi sono feriti, uno di loro necessita di cure immediate e Claus decide di non seguire il protocollo formale di controllo prima di ordinare l’attacco aereo sulla casa da cui provvengono presumibilmente gli spari. Claus salva la sua squadra e la vita del suo soldato, ma l’alto comando non è convinto della precisione chirurgica dell’intervento e decide, dopo aver raccolto le testimonianze dei soldati, di fare causa al comandante Claus destinandolo ad unico responsabile del bombardameto aereo. La seconda parte del racconto si sposta in Danimarca, si passa dal ritorno a casa del soldato al processo per crimini di guerra. Il regista e sceneggiatore danese Tobias Lindholm è una delle grandi promesse della National Film School of Denmark, ha scritto diversi episodi della serie televisiva politica di successo “Borgen”, in onda in Italia su LaEffe, ed ha firmato la meravigliosa sceneggiatura del film di Thomas Vinterberg “The hunt – Il sospetto”, uno dei lungometraggi più belli del Festival di Cannes del 2012. Lindholm non è mai stato in guerra, la sua sceneggiatura si basa sulle testimonianze dirette dei soldati danesi, dei rifugiati afghani e dei guerrieri talebani, il film rappresenta la prosecuzione della sua indagine cinematografica sul comportamento umano sotto estrema pressione. Il film di Lindholm però non si limita all’analisi del comportamento umano in condizioni estreme ma alza il tiro dell’impatto psicologico costringendo lo spettatore a confrontarsi con la sua percezione del problema messo in scena, obbligando cioè il pubblico ad interrogarsi sul limite fra la pubblica morale e la vera natura dell’essere umano. Seguendo il processo siamo costretti a domandarci se sia più giusto stare dalla parte di Claus che ha salvato i suoi soldati (raccontati in maniera profondamente umana ed empatica) o se schierarci con la pubblica accusa che mostra al processo le foto di bambini uccisi dal bombardamento ordinato da Claus per fuggire all’agguato. Lindholm non ci da la certezza emotiva che quei bambini siano davvero vittime delle azioni di Claus, consente infatti all’avvocato del protagonista di mettere in discussione l’origine delle foto senza permetterci di avere una visione esterna agli atti del processo, nel film non vediamo morire i bambini ma vediamo poco prima alcuni bambini diversi da quelli delle foto uccisi dai talebani ed abbandonati nelle case, dobbiamo quindi scegliere se credere all’accusa o se credere alla difesa, la nostra sola certezza per tutto il film è che Claus non aveva alcuna sicurezza dell’incolumità dei contadini quando ha ordinato il bombardamento che ha salvato la sua vita e quella dei suoi soldati. Lo spettatore è comunque indotto a stare dalla parte del soldato Claus che non ha agito secondo il protocollo ma ha portato a casa gli occidentali come noi ed è tornato dalla sua famiglia che ci viene descritta in modo molto coinvolgentenelle scene in Danimarca. Siamo costretti ad ammettere, e non è poco in questi film di guerra, che alla fine per quanto ci si possa scandalizzare davanti ai morti del medio oriente il nostro punto di vista più emotivo resta dalla parte dei nostri simili. Una bugia di un soldato salverà Claus riconsegnandolo alla sua famiglia e garantendo il “lieto fine” del racconto mentre le vittime del villaggio afghano sembreranno predestinate alla loro sorte solo per essere nate nel posto sbagliato del mondo. Il film ci obbliga a ragionare sulla nostra visione delle cose ed è perfetto per il momento storico e politico italiano, lo spettatore troverà inevitabili le analogie con il caso dei Marò, con le foto dei clandestini morti (bambini inclusi) diffuse in questi giorni dalla rete. Tutti noi naturalmente ci scandalizziamo ed inorridiamo davanti a quelle mostruosità ma se dovessimo scegliere fra una di quelle tragiche vittime ed uno dei nostri cari cosa faremmo? Il film di Lindholm ci obbliga a guardare dove distogliamo lo sguardo per sentirci più buoni verso le immagini del terzo mondo, per sentirci meno colpevoli dell’orrore ingiusto a cui l’umanità più povera sembra essere condannata per la nostra sopravvivenza o perfino per i nostri meno nobili agi e bisogni.

Daniele Clementi

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“Il racconto dei racconti” di Matteo Garrone, Italia 2015 (Cannes 2015)

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Adattare le fiabe del 1600 raccolte nell’opera “Lo cunto de li cunti overo lo trattenemiento de peccerille” di Giambattista Basile non è cosa facile nel 2015. L’opera è quasi ormai dimenticata dai genitori ed i bambini non sanno neppure cosa sia. La scelta di proporre il film al pubblico come ai compratori del mercato di Cannes come una produzione di genere fantasy è quasi letale per il destino del film. Le nuove generazioni, abituate al genere fantasy che dal “Signore degli anelli” va fino al “Trono di spade“, potrebbero rimanere davvero molto delusi da un film che non rispetta quei parametri essendo altro. In realtà l’opera di Garrone è uno dei film più belli ed interessanti girati in questi ultimi anni in Italia, proprio la sua scelta di raccontare delle favole barocche apre la strada ad una nuova via per il cinema italiano che potrebbe attingere dal suo patrimonio culturale ed artistico per un modo nuovo e personale di fare cinema per tutto il mondo. Il film di Garrone è un’ode all’equilibrio, ogni personaggio per trovare felicità o salvezza deve trovare il giusto modo di vivere le cose, imparare a contare sui suoi mezzi ed affrontare con coraggio le disgrazie della vita, una morale sempre attuale che potrebbe funzionare molto bene con il pubblico giovane. L’equilibrio come metafora dell’esistenza umana è pienamente rappresentato in molte sequenze del film e viene consacrato nella meravigliosa scena finale dell’equilibrista sul filo di fuoco. Garrone realizza un film esportabile ma anche di grande valore nazionale, un lungometraggio che rivela la qualità delle maestranze cinematografiche italiane ed indica la via per un cinema di qualità commestibile al pubblico giovane o al pubblico meno colto.

Daniele Clementi

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