Ritorna al documentario l'artista Sabina Guzzanti, ma se i suoi lavori precedenti "W Zapatero" e "Le ragioni dell'aragosta" erano tanto interessanti quanto frammentari, quest'ultimo lavoro della brillante comica satirica romana raggiunge il livello dei lavori coraggiosi di Michale Moore e si pone su un piano artistico e culturale completamente nuovo rispetto ai suoi lavori precedenti.
Un film diretto, sano e corretto (sebbene i corrotti del centro destra italiano non possano riconoscerlo senza perdere la faccia). Sabina Guzzanti ci racconta il terremoto dell'Aquila da un punto di vista sincero e risoluto che non si lascia trascinare dalla retorica o dall'insano bisogno di non voler essere diplomatici per paura di turbare qualcuno. Da Berlusconi a Bertolaso, Sabina Guzzanti mostra la perversione degli uomini di potere, le ipocrisie della politica e la manipolazione della realtà, della costituzione e della pubblica opinione per quello che sono senza dover forzare nulla, ma sbattendo in faccia allo spettatore la brutalità della moderna "Shock Economy" ben sperimentata sui cittadini terremotati.Scopriamo gli intrallazzi della protezione civile, anzi dei suoi manager, le ipocrisie delle leggi perfezionate per abusare del proprio potere e per gestire più danaro pubblico. Scopriamo anche che il 55% dei grandi eventi di amministrazione della nuova protezione civile sono stati rivolti al papa con buona pace dei cittadini italiani che hanno pagato le trasferte del pontefice per l'Italia invece della chiesa vaticana.
Sabina Guzzanti si limita ai fatti ma descrive un Paese schiacciato da una semi-dittatura quasi invisibile con la complicità impotente del PD e la connivenza di una percentuale di italiani morti di fame e bisognosi di essere comprati dal primo imbonitore che passa pur di avere un tetto sulla testa e il frigo pieno.
Un film che lascia l'amaro in bocca e che non lascia grandi speranze, forse perchè come dice un vecchio detto "Chi visse sperando morì…" e non è più tempo di restare fermi davanti alle mostruosità della classe politica italiana.
Daniele Clementi