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One Million Yen Girl di Tanada Yuki (Far East Film Festival 2009)

Ripropongo una vecchia recensione pubblicata su altri spazi della rete il 26 aprile 2009, il film era stato presentato al Far East Film Festival di Udine. Ora che la recensione è diventata non reperibile la recupero e la conservo su questo blog.

Questa volta abbiamo incontrato per voi (insieme ad una trentina di altre persone) la regista e sceneggiatrice giapponese Tanada Yuki. Un’autrice brillante dalle posizioni politiche e sociali in evidente controtendenza rispetto ai canoni commerciali del cinema di genere giapponese. Tanada Yuki ci ha parlato della società giapponese, dei profondi danni che sta apportando alle nuove generazioni e dei mali che oggi affliggono duramente i ragazzi che saranno il futuro del sol levante. Il film “One Million Yen Girl” racconta la piccola odissea di una ragazza giapponese con un breve passato come galeotta in disperata ricerca delle basi essenziali per costruire una vita normale: un lavoro, una casa ed un compagno. Il film evidenzia con delicatezza estetica ma forte realismo narrativo alcuni mali quotidiani della società giapponese, alcuni dei quali perfettamente integrabili nella società italiana.I costi delle case in affitto si scontrano con un eterno e disperato precariato che non permette alla protagonista di dare un senso alla sua vita.

La giovane interprete del film passa da un lavoro come inserviente in un bar sulla spiaggia alla raccolta delle pesche in campagna fino all’attività di commessa in un grande mercato di sementi e piante, piccoli lavori senza domani scollegati fra loro e completamente estemporanei che le permettono a fatica di perseguire il suo obiettivo: raccogliere un milione di yen per trovare una casa degna di questo nome e costruirsi una vita, fino a quel momento la protagonista vivrà come tanti giovani giapponesi in semi-appartamenti residenze monolocali di una o due stanze abitabili il minimo indispensabile, piccoli loculi grigi e vuoti in cui crollare dopo una giornata di lavoro occasionale e svuotamento esistenziale. A fianco di questa disagevole situazione l’autrice ci descrive il secondo problema chiave che affligge i ragazzi giapponesi, una forma di blocco comunicativo dei propri sentimenti che li rende distanti ed incapaci di comunicarsi reciprocamente le reali emozioni ed i turbamenti più interiori. Il film racconta la faticosa avventura di una ragazza che deve convivere con la durezza del sistema economico e sociale giapponese resa ancora più grave dalla fedina penale sporca, la storia della protagonista viene intervallata da quella del fratello minore, un bambino che fin dalla tenera età viene destinato dal sistema didattico giapponese, in sostanza questo rigidissimo sistema educativo prevede che fin dalle elementari si venga giudicati, classificati e destinati ad una specifica classe di appartenenza, un bambino frequenta le elementari dei manager, l’altro le elementari dell’impiegato e così sarà per tutto il suo iter formativo fino al momento del lavoro.Tanada Yuki ha scelto di raccontare i giovani giapponesi con i loro disagi non concedendo nemmeno il tipico lieto fine che l’industria del cinema tende a prediligere, lasciando allo spettatore italiano la forte paura che quel mondo sia solo l’anteprima di quello a cui sono destinati i nostri ragazzi.

Daniele Clementi