" Youth without youth – Un’ altra giovinezza " di Francis Ford Coppola (2007)
Recensione di Antonella Mancini
Sto iniziando a scrivere di malavoglia e da qualche giorno mi chiedo perché fatico a concentrarmi su questo film. Tutti infatti aspettavamo con ansia il ritorno di Coppola alla regia, dopo dieci anni di silenzio. E tutti ne esultavamo. Per la verità, a film visto, avrei preferito aspettar un po’ di più. Eppure avevo più volte ascoltato la splendida colonna sonora di Osvaldo Golijov ed ero piena di buone intenzioni, pronta ai ben 124’ di proiezione. Che mi sono parsi eterni.
Youth without youth, nella traduzione italiana diventato chissà perché Un’altra giovinezza, è uno show grandioso che vorrebbe affrontare i temi fondamentali dell’Uomo: il mistero della vita, il mistero della morte, l’ineluttabilità del tempo che passa, del tempo che ritorna, il viaggio nella memoria, il dramma del Doppio o per meglio dire della coscienza divisa, in una circolarità dove non c’è inizio e non c’è fine. Dunque siamo nel pieno di quelle tematiche che appassionano i filosofi da sempre. Molto ambizioso da trasporre in immagini, ma fattibile. Fattibile per un regista della stazza di Coppola. Peccato che, per farlo, Coppola scelga di ispirarsi all’omonimo romanzo di Myrcea Eliade, personaggio di intellettuale eclettico, noto soprattutto per le sue teorie sulla storia delle religioni e che sin dai lontani tempi dell’Università mi è sempre apparsa come figura ambigua e dai contorni fumosi. Ma questi sono gusti personali.
Veniamo al film. La storia gira intorno a un erudito professore rumeno di lingue antiche il quale insegue il sogno di risalire alle origini del linguaggio e attraverso questo di raggiungere la fama eterna. Disperando, ormai a settant’anni suonati, di riuscire nel suo intento, medita il suicidio proprio quando un fulmine lo colpisce scaraventandogli addosso non so quante migliaia di volts. Il professore se la cava, a dispetto di tutti, non solo, ma “si rigenera”, mette denti nuovi e, tolte le bende, è in tutto e per tutto un vigoroso giovanotto fra i trenta e quarant’anni, per giunta dotato di superpoteri. Per esempio gli basta toccare un libro che già ne assimila il contenuto. Naturalmente il nostro diviene un caso per la Scienza e una preda ghiotta per tutti, a incominciare da Hitler, che lo vuole conoscere personalmente e cerca in tutti i modi di farlo rapire. Inizia da questo momento una vita raminga da vero braccato, che attraversa venti anni cruciali della storia dell’Occidente, per concludersi nel 1955, quando, ormai ultracentenario, il protagonista torna nella sua Bucarest per morire, solo, in una fredda e nevosa notte d’inverno, scoprendo che forse tutto non è stato che un sogno.
Sullo sfondo di questa trama, in due ore di proiezione, succedono un mucchio di cose e molti incontri. Anche qui, in un’andirivieni tra passato, presente e futuro, come quando il protagonista intreccia una tardiva storia d’amore con una ragazzina sventata che, guarda caso, è identica alla fidanzata che ottant’anni prima lo aveva mollato perché si sentiva trascurata. La ragazzina invece lo adora e per lui rischia la pelle, accettando di aiutarlo nei suoi studi e reincarnandosi notte per notte in uno spirito del passato che parla fluentemente ora il sanscrito, ora l’egizio antico, ora il babilonese e giù indietro nel tempo. E sta quasi per arrivare al nocciolo, il nostro professore, se non fosse che la ragazza, al contrario di quanto accaduto a lui, in ogni reincarnazione acquista una decina d’anni, per cui dopo poco tempo è vecchia e praticamente prossima alla morte. Questa volta è il prof a lasciarla, rinunciando al suo sogno di gloria, in cambio della vita di lei, che così torna giovane. La ritroveremo di sfuggita con un bambinello in braccio, giovane e pimpante in una stazione ferroviaria di non si sa dove, mentre il prof non visto la osserva. Nè ci viene risparmiato un obbligato viaggio in India, con insigni studiosi e altrettanto comprensivi santoni, tutti che sembrano la caricatura di se stessi (e paesaggi francamente anonimi e inutili). Ma la circolarità attraverso allusioni trascendenti, fenomeni di metempsicosi e quant’altro, non si limita ai personaggi e alle loro vicende, ma coinvolge, sembrerebbe volerci dire Coppola, anche le arti, e fra queste il cinema. Da qui un uso della cinepresa con citazioni del passato e con riprese ardite a onor del vero molto belle e suggestive, se non fosse che il regista si affeziona alle sue trovate e ce le propone troppe volte.
Potrei andare avanti per un pezzo, ma voglio concludere. Una storia del genere, con tutte le sue implicanze morali e filosofiche – condivisibili o meno che siano – andava trattata con più “leggerezza”, con lievità, in modo da farle vestire il carattere (e il linguaggio) della metafora: una metafora universale per l’uomo. Una metafora dove ciascuno potesse ritrovare se stesso e capire qualcosa di più della vita e di sé. Invece Coppola, preso forse fra il pragmatismo della cultura americana e l’anelito a trascenderla, è caduto in una specie di truculenza descrittiva, che spesso rasenta il cattivo gusto e che la sua bravura nel darci immagini stupende non è sufficiente a superare. Una per tutte, le due rose che poi diventano finalmente tre con la morte: un simbolismo da strapazzo! Se poi la truculenza si coniuga col cerebralismo di maniera (e qui corre l’obbligo di ritirare in ballo Eliade), l’esito è pesante e deludente. Peccato.
Peccato anche perché per due ore assistiamo alla performance di un attore straordinario – Tim Roth – la cui versatilità e capacità di destreggiarsi tra l’ego di vecchio e l’identità di giovane sono veramente fuori del comune.
CREDITI
Regia: Francis Ford Coppola
Sceneggiatura: Francis Ford Coppola dal romanzo omonimo di Mircea Eliade
Uscita ufficiale nel paese d’origine: 26 ottobre 2007 alla Festa del Cinema di Roma (ITALIA)
– Interpreti principali –
Tim Roth : Dominic ed il suo doppio
Alexandra Maria Lara : Veronica e Laura
Bruno Ganz : Professor Stanciulescu
Matt Damon : Agente segreto americano con identità di giornalista del "Time" (non accreditato nei titoli di coda)
Produttori: Francis Ford Coppola, Anahid Nazarian, Fred Roos e Masa Tsuyuki
Colonna sonora originale: Osvaldo Golijov
Direttore della fotografia: Mihai Malaimare Jr.
Montaggio: Walter Murch
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