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RAYMOND CHANDLER
a cura di Pippi
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Raymond Chandler nasce a Chicago il 23 luglio 1888 da padre americano e madre irlandese. A causa del divorzio tra i genitori, quando aveva otto anni, si trasferisce con la madre a Londra dove viene allevato presso il Duhvich College. E’ a Londra che ha le sue prime esperienze di giornalista scrivendo su The Academy, The Westminster Gazette e The Spectator. All’eta di 24 anni fa ritorno negli Stati Uniti. Chiamato alle armi in occasione della prima guerra mondiale, serve l’esercito nel Royal Flyng Corps, ove ottiene 1’incarico di organizzatore degli svaghi delle truppe. Alla fine della guerra si stabilisce in California con la madre. Solo quando quest’ultima muore, Chandler decide di sposarsi con Pearl Cecily Hurlburt, più vecchia di lui di sette anni e con due matrimoni alle spalle. La donna assunse, sino alla sua morte, nel 1954, il ruolo di moglie e madre per Chandler, il quale, negli anni dal 1919 al 1932 cambiò spesso occupazione, senza trovarsi a suo agio in nessun ambiente di lavoro. Nel frattempo aveva sviluppato una vera e propria passione per la lettura di romanzi polizieschi, in particolare quelli pubblicati sulla rivista Black Mask, diretta da Joseph T. Shaw, che ne aveva cambiato l’impostazione in maniera radicale rispetto ai suoi predecessori, nonché rispetto alle altre riviste che si occupavano di polizieschi, chiedendo ai suoi scrittori “azione, violenza e continui colpi di scena”. Ed è sulle pagine di questa rivista che Chandler fa la conoscenza di colui che diventerà il suo maestro ed ispiratore, Dashiell Hammett, ex detective privato dell’agenzia Pinkerton che, abbandonata la camera investigativa, si era dedicato alla narrazione (di stile nervoso, con un susseguirsi implacabile e inarrestabile di azione) delle indagini ed avventure che gli erano capitate nello svolgimento della sua professione, o di quelle che avrebbero potuto capitargli.
II primo racconto di Chandler, Blackmailers Don’t Shoot (I ricattatori non sparano), apparve dunque proprio su Black Mask, nel 1933, ed è facile riconoscervi, più che un’influenza, un vero e proprio debito nei confronti di Hammett. Ma nonostante lo stile sia volutamente calcato dai personaggi hammettiani, il protagonista di Blackmailers Don’t Shoot, il detective privato Mallory, già mostra una evidente dissimiglianza rispetto all’oggettivazione dello sguardo con il quale l’ex detective della Pinkerton guardava ai suoi protagonisti. II nostro eroe, primo abbozzo del futuro Marlowe, pur attraversando ed interagendo con il devastato e violento mondo proprio della scuola hard boiled, corrotto fino all’appiattimento insensibile di ogni istanza morale, possiede quell’elemento sentimentale, romantico, che contraddistingue gli scritti di Chandler e lo differenzia nettamente dal suo ispiratore. II successo per Chandler giunse però nel 1939, con la pubblicazione del suo primo romanzo, The Big Sleep (II grande sonno), nel quale fa la sua apparizione il detective privato Philip Marlowe, che rimarrà il protagonista di tutti i successivi romanzi chandleriani. Costruito nel corso dei sei anni che separano questo romanzo dal primo racconto, attraverso una gestazione nei molteplici racconti apparsi su Black Mask (pubblicati in Italia da Feltrinelli. in due volumi dal titolo La semplice arte del delitto), i cui nomi variano da Tony Reseck a Johnny Dalmas, Marlowe, pur manifestandosi attraverso le sue azioni e i suoi comportamenti non riceve dal suo creatore un profilo definito ed esplicitamente descritto nel corso di tutto il romanzo. Scritto, come quasi tutta 1’opera di Chandler, in prima persona, il nostro investigatore si presenta ufficialmente al lettore nel primo paragrafo de II grande sonno:
Erano pressappoco le undici del mattino, mezzo ottobre, sole velato, e una minaccia di pioggia torrenziale sospesa nella limpidezza eccessiva là sulle colline. Portavo un completo blu polvere, con camicia blu scuro, cravatta e fazzolettino assortiti, scarpe nere e calzini di lana neri con un disegno ad orologini blu scuro. Ero corretto, lindo, ben sbarbato e sobrio, e me ne sbattevo che lo si vedesse. Dalla testa ai piedi ero il figurino del privato elegante. Avevo appuntamento con quattro milioni di dollari.
E questo è tutto. Sulla scorta del successo avutodai suoi romanzi, infatti, i lettori-ammiratori scivevano a Chandler per sapere qualcosa di più sul detective Marlowe, sul personaggio. Ecco come Chandler risponde:
“La data di nascita è incerta, credo che a un certo punto dica di avere trentotto anni, ma questo e successo molto tempo fa, e oggi non pare più vecchio di allora. Non è nato in una località del Midwest ma in un posticino della California, Santa Rosa, una cinquantina di miglia a nord di San Francisco… Marlowe non ha mai parlato dei suoi genitori e forse non possiede parenti al mondo. Se necessario si può rimediare. Ha fatto i suoi anni di college… Non so perchè sia venuto nella California del sud, forse perchè tanti lo fanno, anche se non tutti, poi, si fermano. Pare abbia fatto esperienza come investigatore per una compagnia di assicurazioni e poi agli ordini del procuratore distrettuale della contea di Los Angeles… Le circostanze in cui ha perso questo impiego mi sono ben note, ma non posso specificarle. Vi basti sapere che si era dimostrato un po’ troppo efficiente in un’epoca e in un luogo in cui l’efficienza era l’ultima cosa desiderata da quelli che comandavano…” (aprile 1951, da Raymond Chandler speaking, in assenza dell’originale, qui citato dall’introduzione a La semplice arte del delitto, a cura di Oreste Del Buono, Feltrinelli, 1989)
E inoltre, più interessante, l’aspetto morale del nostro eroe:
“Se l’essere in rivolta contro una società corrotta vuol dire essere immaturi, allora Philip Marlowe è estremamente immaturo. Se il vedere lo sporco dove c’è significa una mancanza di coscienza sociale, allora Philip Marlowe è terribilmente mancante di coscienza sociale. Certo Marlowe è un fallimento, e lo sa. E’ un fallito perchè non ha soldi. Un uomo senza tare fisiche che non può condurre una vita decorosa è sempre un fallito, fallito anche moralmente… Ma ricordatevi che Marlowe non è una persona reale, è una creatura della fantasia. Si trova, dunque, in una posizione falsa perchè ce l’ho messo io. Nella vita reale un tipo come lui non farebbe il detective più di quanto potrebbe fare il rettore d’università. I nostri investigatori privati nella vita reale sono o ex poliziotti con molta esperienza pratica e il cervello d’una tartaruga o miserabili piccoli mercenari sempre affannati a correre in giro cercando di scoprire la pista di qualcuno…” (ottobre 1951, ibid.)
E proprio in questa appassionata difesa dell'”ideale” rispetto al reale, della creazione fantastica di un personaggio che si scontri implacabilmente, a costo di risultare “immaturo”, “privo di coscienza sociale” e “fallito”, con il degrado amorale di una società profondamente corrotta, risiede il fulcro dell’innamoramento di Chandler nei confronti del suo alter ego, nonché della fascinazione che Chandler/Marlowe esercita su di noi. L’identificazione scrittore/investigatore è qualcosa di facilmente comprovabile, non solo rispetto al modo di vedere la vita che Chandler ovviamente impone all’oggetto della sua creazione, non solo rispetto al fatto che, per tutta la vita, Chandler, seppure con altri nomi, ha scritto sempre dello stesso personaggio, un personaggio che cresce e muta pur mantenendo un’omogeneità che solo la accresciuta coscienza del sé può mantenere, ma anche, più banalmente e semplicemente, perchè Chandler stesso lo dichiara nelle interviste. Ma più della dichiarazione esplicita ha valore probante il fatto che la trasposizione di se stesso nel personaggio tenda a manifestarsi in due direttrici essenziali: la rappresentazione del proprio punto di vista sul mondo, ufficiale, teorizzato e riconosciuto: il personaggio come “portavoce”; e l’idealizzazione, il processo di perfezionamento di se stessi secondo il proprio (conscio ed inconscio) modello: il personaggio come “eroe”. All’estremo, la prima senza la seconda genera il trattato teorico, la seconda senza la prima genera la fiaba. Tra le molteplici sfaccettature che risiedono nel mezzo c’è, più o meno, tutta la letteratura.
Tornando a Chandler, al primo romanzo ne seguirono altri sei: Farewell, My Lovely (Addio mia amata) nel 1940, The High Window (Finestra sul vuoto) nel 1942, The Lady in the Lake (La signora nel lago) nel 1943, The Little Sister (Troppo tardi/La sorellina) nel 1949, The Long Goodbye (II lungo addio) nel 1953, Playback (Ancora una notte) nel 1958. Più uno incompiuto, uscito postumo: The Pencil (La matita), del 1960. In queste opere, progressivamente, l’umorismo che contraddistingue Marlowe diventa sempre più amaro, il detective si fa più triste e disilluso, la possibilità di “cambiare il mondo” fa strada ad una amara acquiescenza e ad un quasi tetro estraniamento, elementi che rispecchiano gli avvenimenti della vita di Chandler ed il suo crescente disagio. Nel 1954 muore 1’adorata moglie di Chandler, ed egli, dapprima rifugiatosi maniacalmente nell’alcool, nel febbraio 1955 tenta il suicidio, in un modo definito dagli amici, quanto meno “maldestro”: i due colpi di pistola che aveva tentato di rivolgere alla sua tempia, erano finiti nel soffitto. Nelle interviste future dichiarerà di non voler tentare di nuovo, quantunque vivesse il tremebondo e mal riuscito tentativo suicida come una ulteriore perdita di dignità. Quattro anni dopo, il 26 marzo del 1959. muore, dopo un pellegrinaggio in varie cliniche private nel tentativo di disintossicarsi. solo apparentemente, da alcool e droga.
In collaborazione con il Circolo del Cinema Uicc Cult Movies (Roma).