" La caduta degli dei " di Luchino Visconti (1969)

 

" La caduta degli dei " di Luchino Visconti (1969)

Recensione di Marina Pianu

 

impressionante. piaccia o non piaccia, "la caduta degli dei" (gotterdämmerung)
e’ un film che lascia il segno. due ore e mezzo vissute intensamente senza
neppure un pensiero a gettare l’occhio sull’orologio. mitologico, mitico,
metaforico, allegorico, storico, lirico sinfonico e operatico, pittorico,
dinastico, carnale, fiammeggiante, passionale e cinico, decadente e marxista,
perverso moralista e ateo, vigorosamente sensuale: in altre parole, geniale.
enciclopedico (parla della germania, ma per traslato dell’italia; del
nazismo, e del fascismo; delle tragiche dinamiche familiari e della lotta di
classe, di decadenza e corruzione). la storia fatta a strati come una
cipolla: i primi ad andarsene sono gli aristocratici, poi i borghesi, e quel
che resta e’ il male, senza classe, senza credo, senza identita’ altro che
l’assurda e totale sete di potere, realizzata e omologata. il male ereditato
dai nipoti per la debolezza dei vecchi e l’arrivismo cieco della generazione
di mezzo. il tutto scandito dall’ormai noto ritmo wagneriano.

sesso e potere, potere e sesso. sophie usa il sesso per corrompere friedrich,
ed e’ a sua volta sconfitta dalla seduzione di martin (edipo a gogo’). il
sesso anarchico e senza direzione produce danni (v. pedofilia di martin), ma
come l’odio, se ben "ordinato" puo’ andare lontano, puo’ soggiogare una
nazione. e’ sesso sterile, non finalizzato alla prole, un puro mezzo per
dominare; chi soggiace al sentimentalismo prima o poi soccombe (herbert,
sophie, joachim), come chi soggiace al protagonismo, all’avidita’ parziale, o
agli scrupoli moralistici. il nazismo, come ce lo rappresenta visconti, e’
puramente, deliziosamente, atrocemente ateo, amorale, apartitico, indiviso.
non c’e’ spazio per l’individuo, per la personalita’, per gli egoismi
singoli. il nazismo produce il "borg" startrekkiano: le formichine trovano
scopo e vita nell’uno indiviso (l’innominabile e innominato, o meramente
indicato come "cancelliere").

il nazismo e’ anche anti-ideologico, malgrado la retorica di propaganda. anche
il denaro e’ avulso da ideologie, ma il denaro (la produttivita’ industriale)
dev’essere asservita allo "scopo", altrimenti soccombe anch’esso. aschenbach
e’ il vero burattiniere: manipola nell’ombra lasciando le luci della ribalta
agli dei morenti: non solo martin, travestito da marlene, trova il suo spazio
sul palcoscenico (mascherata imposta dalla madre), ma tutta la famiglia
essenbeck, con i suoi cerimoniali, con le sue parate ancien-regime, con i
suoi modi raffinati non e’ che scena. anche il matrimonio finale e’ solo un
rituale finalizzato alla degradazione dei vinti. serve, questo si’, a
gonfiare l’ego caotico di martin, che passeggia nervosamente giocando al
capetto in attesa del suicidio di friedrich e sophie. aschenbach non compare,
non ne ha bisogno: la tragedia che ha diretto e messo in scena puo’ procedere
senza di lui.

diceva un vecchio saggio: se ti alzi alle cinque per fregare qualcuno, c’e’
sempre chi non dorme neppure per fregare te. friedrich e’ disposto ad
uccidere per soddisfare le sue ambizioni (agli occhi di aschenbach e’ solo un
arrivista) ma non per soddisfare quelle altrui, la sua amoralita’ non arriva
fino in fondo ed e’ la sua condanna. nessuna debolezza e’ ammessa: e che
cos’e’ il capriccio di un nome se non una debolezza meschina?

fuoco. il fuoco apre e chiude il film, e riemerge, come una maledizione,
nell’incendio del reichstag (che condanna herbert) e nella distruzione dei
libri "degenerati". e’ il fuoco wagneriano che distrugge il walhalla degli
essenbeck, ma anche quello che consuma le passioni, e da fuoco creativo
diventa lentamente fuoco distruttivo. che resta poi dopo la distruzione degli
dei? l’oro ritorna infine nel reno? ciclico il fuoco, come ciclico il battere
della mano sul tavolo, simbolo del potere (joachim all’inizio, poi friedrich,
infine martin). ciclica la ragnatela intessuta da sophie (simbolicamente
rappresentata dalla scollatura del vestito nero) e quella di olga (uguale
scollatura ma bianca). i simboli nuotano a cadenza non casuale e questa breve
analisi non pretende di essere esaustiva.

un pugno in un occhio e nello stomaco; un’orgia per gli occhi e per le
viscere. una sublime (in senso barocco) seduzione che si offre come
contraltare iperrealista al fascino che indubbiamente nazismo e fascismo
esercitarono tra la fine degli anni ’60 e la prima meta’ degli anni ’70,
passando per bertolucci, cavani e pasolini.

"Every time I listen to Wagner, I am overcome with a desire to invade Poland."
(Woody Allen)
 

CREDITI

 

Regia: Luchino Visconti.
Sceneggiatura: Nicola Badalucco, Enrico Medioli e Luchino Visconti.
Uscita ufficiale nel paese d’origine: 14 ottobre 1969 (ITALIA)
-Interpreti principali –
Dirk Bogarde : Friedrich Bruckmann
Ingrid Thulin : baronessa Sophie von Essenbeck
Helmut Griem : Aschenbach
Helmut Berger : Martin von Essenbeck
Charlotte Rampling : Elisabeth Thallman
Florinda Bolkan : Olga
Reinhard Kolldehoff : barone Konstantin von Essenbeck
Umberto Orsini : Herbert Thallman
Produttore: Alfredo Levy, Ever Haggiag e Pietro Notarianni
Colonna sonora originale: Maurice Jarre.
Direttore della fotografia: Armando Nannuzzi e Pasquale De Santis.
Montaggio: Ruggero Mastroianni.
Durata: 150 minuti.

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